“Un prodigioso commerciante di brand, un produttore di contenuti, un re dei social media. Poi sul campo… La sua storia la dice lunga sul calcio attuale”
“Paul Pogba è diventato la figura più commerciabile del calcio moderno senza mai avvicinarsi a essere il suo più grande giocatore, il che dice moltissimo sullo stato del gioco del 21esimo secolo”. E così il Telegraph affonda sul centrocampista della Juve appena squalificato per 4 anni per doping. Sam Wallace ci va giù durissimo: “Manco sa badare a se stesso”. Ma poi allarga il discorso alla situazione del calcio in generale.
Pogba, scrive, “è diventato un prodigioso commerciante di marchi, un produttore di contenuti, un re dei social media. Per quanto riguarda il calcio, nelle ultime due stagioni ha giocato a malapena e c’è la possibilità che non lo faccia mai più”.
“La caduta è tanto più sorprendente dato che l’uomo che aveva il mondo nel palmo della sua mano è lo stesso uomo che non conosceva la vera natura degli integratori che ingeriva”.
Per qualche anno Pogba sembrava aver conquistato il calcio. Non in termini di prestazioni, che sono state contrastanti nei sei anni successivi al suo ritorno al Manchester United nel 2016, come allora il giocatore più costoso nella storia dei trasferimenti britannici. Ma in termini di ciò che il gioco voleva dalle sue star. È stato astutamente commercializzato dal suo agente, il compianto Mino Raiola, che ha convinto Ed Woodward e i Glazers a spendere 89 milioni di sterline per un giocatore che il club non ha mai saputo veramente come utilizzare”.
Il Telegraph racconta Pogba come uno “festeggiato sui social media del club, adulato come un figliol prodigo e presentato in parte come calciatore e in parte come conquista commerciale globale. I numeri degli ingaggi, ha sottolineato lo United, sono stati ottimi. I partner globali sono rimasti entusiasti. Quando, due anni dopo, Pogba e Jose Mourinho si scontrarono, il club scelse Pogba al posto del proprio allenatore”. “Un giocatore abituato a ricevere semplicemente ciò che voleva. Il colosso tedesco dell’abbigliamento sportivo Adidas gli ha firmato un contratto di 10 anni e ha costruito una gamma di abbigliamento “PP” su misura. Lo hanno accoppiato con i loro più grandi testimonial non sportivi – Stormzy, Pharrell Williams, Stella McCartney –. Solo una nuova striscia di colore tra i suoi capelli poteva sfondare momentaneamente Internet”.
Invece “il modo in cui si è comportato in campo – dalla vittoria della Coppa del Mondo con la Francia, alla mediocrità generale con lo United – spesso è sembrato fuori questione. Era una star bancabile in un mondo digitale in evoluzione su cui i dirigenti del marketing scommettevano la casa”.
Considerati gli infortuni, il rapimento e il doping, il Telegraph sospetta “che ci sia un altro atto: un ritorno che, di successo o meno, sarà semplicemente un evento mediatico troppo grande per essere ignorato”.