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Il Napoli è De Laurentiis. Se il suo declino è irreversibile, lo sarà anche quello di squadra e club

Le future mosse societarie (allenatore e ds) diranno se è stata una sbandata temporanea. Oggi nel Napoli fa letteralmente tutto lui

Il Napoli è De Laurentiis. Se il suo declino è irreversibile, lo sarà anche quello di squadra e club
Milano 04/12/2023 - Gran Gala' del Calcio Aic 2023 / foto Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

Il Napoli è De Laurentiis. Se il suo declino è irreversibile, lo sarà anche quello della squadra

È fin troppo chiaro quel che è accaduto al Napoli negli ultimi mesi, ossia dalla conquista dello scudetto. Non sono credibili coloro i quali si sorprendono del declino della squadra campione d’Italia. Non è questione di Kim, o di Spalletti o di Giuntoli, presi individualmente o a pacchi. È questione di azienda. Di baricentro e lucidità aziendale. Per capirlo basta essere stati almeno una volta nella vita lavoratori dipendenti. E l’azienda del Napoli è Aurelio De Laurentiis. Nasce con lui e finisce con lui. Suoi sono stati i meriti del fantastico quindicennio, scudetto compreso. Sue sono le responsabilità dello sfacelo andato in onda dallo scorso giugno. Per prendersela con i calciatori – come scritto ieri – ci vuole solo tanta malafede.

Vale la pena ricordare che in occasione della vittoria dello scudetto – avvenuta con mesi d’anticipo – a Napoli sono sbarcati giornalisti da tutto il mondo. E tranne rarissime eccezioni, l’uomo di cui volevano avere informazione era Aurelio De Laurentiis il presidente che aveva vinto in opposizione alla città. Non ce ne vogliano altri grandi protagonisti ma l’attore della locandina era il signor Aurelio. Al punto che persino un uomo navigato come lui ne ha pagato le conseguenze perdendo il contatto con la realtà e pensando di poter fare tutto da solo.

Qui vale la pena fare una digressione: De Laurentiis è sempre stato un uomo di successo, ma il suo è sempre stato un successo da impresentabile. Se andate a guardare l’elenco dei film italiani che hanno incassato di più, ai primi posti ci sono soltanto i suoi. Film che peraltro – a cominciare da Vacanze di Natale – hanno raccontato una fetta importante del Paese, con buona pace del Nyt e di chi ancora (sono tanti) non si rassegna che Berlusconi per fortuna sconfisse Achille Occhetto. I cinepanettoni hanno rimpinguato le casse di De Laurentiis, non lo hanno certo consegnato alla storia del cinema. Ha sì prodotto “Un borghese piccolo piccolo” ma è un’eccezione nel curriculum. Lo scudetto del Napoli lo ha invece proiettato al centro della ribalta. Nella storia.

Torniamo al canovaccio. Non ci ripeteremo sulla sindrome del professor Unrat de “L’angelo azzurro”. Ormai è chiarissimo quel che è accaduto. Solo a Napoli non se ne resi conto, troppo presi prima a festeggiare e poi a idolatrare chi avevano odiato per quindici anni.

Uno sbandamento aziendale che non poteva non avere ripercussioni. Basta guardare i diversi trattamenti riservati ai calciatori (Osimhen e Kvara sono la punta dell’iceberg) per avere un’idea del terremoto provocato. Ma poco importa. Ora il punto è: De Laurentiis ha avuto un declino temporaneo dovuto alla bulimia egotica, oppure ha irreversibilmente imboccato il viale del tramonto? Lo scopriremo solo vivendo, ovviamente. Tenendo conto che gli anni sono 74. E sperando che l’eventuale tramonto non duri un decennio come quello di Ferlaino.

Lo capiremo dalle mosse future. Al momento il Napoli è solo Aurelio De Laurentiis. Nemmeno più allenatore e direttore sportivo gli fanno ombra. In passato, almeno gli allenatori sono quasi sempre stati personaggi famosi, di personalità. Garcia e Mazzarri sono invece stati due miracolati da Adl. Meluso non lo conosceva praticamente nessuno, tranne gli addetti ai lavori e tifosi di Spezia e Lecce. Sul Napolista Fabrizio d’Esposito ha scritto di rumors su una presunta “rottura con l’anima machiavellica e silente della società, il famigerato Chiavelli”. Oggi nel Napoli fa tutto De Laurentiis. Tutto.

Non è dal campo che va giudicato il Napoli. Ma da quel che accade fuori. Dalla riorganizzazione della società, se mai dovesse avvenire. E dall’arrivo di un allenatore da cui poter ripartire. Da queste mosse si capirà se De Laurentiis sarà tornato in sé. Se avrà abbandonato il one man show che ha portato il Napoli a sbattere. Anche l’inesistente e inconsistente mercato di gennaio si presta a una duplice interpretazione: manifesta incapacità dopo il fallimento estivo con gli arrivi di Natan, Cajuste e Lindstrom; oppure temporeggiamento in attesa di un allenatore che indichi la rotta. Gli ottimisti ovviamente propendono per la seconda ipotesi.

Resta una certezza: il Napoli seguirà De Laurentiis. Nel bene e nel male. Inutile farsi illusioni.

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