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Da De Laurentiis a Ibrahimovic: l’esonero è vintage (e costa), ora l’allenatore finisce sotto tutela

A Cardinale è piaciuta l’idea di Adl e sta per ingaggiare Zlatan come cane di presa. Lotito è invidioso, quanto gli piacerebbe commissariare Sarri

Da De Laurentiis a Ibrahimovic: l’esonero è vintage (e costa), ora l’allenatore finisce sotto tutela
Mg Milano 10/02/2023 - campionato di calcio serie A / Milan-Torino / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Zlatan Ibrahimovic

Da De Laurentiis a Ibrahimovic: l’esonero è vintage (e costa), ora l’allenatore finisce sotto tutela

Basta con questa pratica dell’esonero. Che alla fine della fiera non serve a niente e anzi rafforza il sistema allenatore-centrico con questa figura che negli ultimi anni è diventata sempre più centrale come se le squadre dipendessero unicamente dai tecnici. Tecnici che molto spesso, di fronte alla sovraesposizione mediatica e complice media esclusivamente ricettivi, non riescono a resistere alla tentazione di giocare a fare i guru. Anche basta, non se ne può più.

Esonerare un allenatore costa. Costa due volte. Bisogna pagare quello che viene licenziato. E pagare quello che gli subentra. Col rischio che il nuovo non porti risultati migliori del predecessore.

E così il calcio italiano ha partorito una nuova idea: la tutela. È un’idea di Aurelio De Laurentiis che, l’ha anche detto, ha attribuito la flessione e le difficoltà di inizio stagione del Napoli al suo trasloco degli uffici da via Ventiquattro Maggio a piazza Venezia. Ha provato pure a cambiare allenatore. Non ci è riuscito. E allora è tornato in azienda e ha cominciato a seguire quotidianamente il processo produttivo. Di fatto ha messo Garcia sotto tutela, la sua. Qualcuno ha parlato di commissariamento. Ciascuno scelga il nome che più gli piace.

Fatto sta che a Milano hanno deciso di seguirlo. Cardinale non ha il tempo e forse ritiene di non avere le competenze, o semplicemente si annoia di stare tutto il giorno a Milanello a parlare con Pioli, a osservare l’allenatore e i suoi metodi. In effetti sai che palle. E allora ha deciso di affidare il tecnico a Zlatan Ibrahimovic. Immaginiamo la gioia di Pioli nel ritrovarsi un personaggino come Ibra tra i piedi. Almeno De Laurentiis è il datore di lavoro di Garcia, diciamo anche padrone. E al padrone, soprattutto se ti versa 3,2 milioni netti all’anno, si obbedisce sempre.

Senza dimenticare la gioia dei calciatori. Ibra è uno che quando giocava, non era tenero con i compagni più scarsi. A Milanello lo ricordano che portava nello spogliatoio la maglia dell’Albino Leffe con su stampato il nome del compagno che non riteneva adeguato e gliela regalava: un messaggio che non potremmo definire subliminale.

Zlatan non è il padrone, diventa un commissario. Come accaduto a Napoli con De Laurentiis, alle prime vittorie del Milan si parlerà ovviamente della mano di Zlatan.

Come scrive giustamente Repubblica:

La situazione, con la Champions in bilico e il campionato scivoloso, gli cuce addosso la figura del dt taumaturgo, con gli annessi rischi. Nel caso, Ibra limiterebbesia i poteri di Pioli, investito a inizio stagione dell’incarico di plenipotenziario a Milanello, sia quelli dell’ad Furlani, che oggi rientra in Italia dall’estero e che, dopo il licenziamento di Maldini e Massara, è a capo del settore sportivo, sopra Moncada e D’Ottavio.

È scritto per Ibrahimovic, è perfetto anche per De Laurentiis. I due, Aurelio e Zlatan, sono accomunati da una modestia naturale. Per nulla debordanti. Hanno tanti punti in comune. Adl direbbe che la differenza, non da poco, è che l’azienda è sua mentre Zlatan sempre un dipendente rimane. Ed è vero. Sarebbero stati una grande coppia, De Laurentiis si divertiva molto nelle videoconferenze con lo svedese. Anche se gestirlo non sarebbe stato semplice. E infatti con l’esonerò di Ancelotti saltò tutto. Amen.

In fin dei conti Lotito comincerà a essere geloso. Quanto gli piacerebbe mettere sotto tutela Maurizio Sarri che ieri – in perfetto linguaggio sarrita (che noi ben conosciamo) – ha ricordato al padrone che se non gli garba più, deve cacciarlo e ovviamente pagargli fino all’ultimo quattrino. Questo significa la dichiarazione: «Ho sempre detto il contrario, ossia che qui voglio rimanere a lungo e vorrei chiudere la carriera. Un inizio di campionato altalenante non mi può fare cambiare idea. Si combatte tutti insieme, con il mio presidente, con il direttore sportivo, con i miei giocatori e il mio popolo. Mi spiace che le mie parole contino meno delle voci messe in giro». Cioè: caro Lotito, che hai capito? Sgancia sennò zitto.

Vedremo se l’idea prenderà piede. Il tutor del pallone. Per ora siamo a due club italiani anche importanti.

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