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Maehle: «Hanno completamente sbagliato la traduzione delle mie parole, non volevo criticare Gasperini»

Il chiarimento dell’ex Atalanta: «Non mi stavo rivolgendo al Gasperini allenatore, penso che sia un grande tecnico e a Bergamo mi sono divertito molto».

Maehle: «Hanno completamente sbagliato la traduzione delle mie parole, non volevo criticare Gasperini»
Mg Torino 22/01/2023 - campionato di calcio serie A / Juventus-Atalanta / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Joakim Maehle

Dopo aver praticamente definito Gian Piero Gasperini un dittatore, l’ex calciatore dell’Atalanta, Joachim Maehle, fa marcia indietro e spiega meglio le sue parole. Al termine della partita giocata con la Nazionale contro il San Marino (vinta 4-0), Maehle ha dichiarato che la traduzione delle sue parole relative al tecnico della squadra bergamasca è stata completamente sbagliata ed ha portato ad un fraintendimento delle stesse. Maehle ha chiarito che le sue non volevano certo essere delle critiche a Gasperini.

Maehe ha detto:

«Sono un po’ triste per come sono state tradotte. Ho parlato della traduzione con il mio ex fisioterapista giù all’Atalanta ed è stata tradotta completamente sbagliata. Non era di certo una critica verso Gasperini, penso sia un grande allenatore e negli anni a Bergamo mi sono divertito molto. Non erano critiche e sono sicuro che all’Atalanta lo sanno perché ero super felice di essere lì, ho solo spiegato una situazione e non mi stavo rivolgendo al Gasperini allenatore. Come tecnico è straordinariamente abile, con le sue squadre ha ottenuto sempre buoni risultati».

Le parole di Maehle dal ritiro della Nazionale erano state riportate da Tipsbladet.dk. Le riportiamo di seguito:

«Ci allenavamo sempre nel pomeriggio. L’allenatore decideva tutto e non c’era davvero alcuna libertà. Anche se vivevi in ​​un bel posto e il tempo era bello non ho avuto il tempo di godermelo perché abbiamo trascorso così tanti giorni e così tante ore nel centro di allenamento. Stavamo insieme ininterrottamente per giorni se c’erano due partite ravvicinate. È stato molto difficile mentalmente. Non c’era continuità: potevo giocare una buona partita nel fine settimana ma se giocavo 20 minuti tiepidi nella partita successiva finivo di nuovo in fondo alla coda. Mentalmente sentivo che avevo davvero bisogno di cambiare aria». 

E ancora, uno dei giornalisti presenti gli aveva fatto notare che stava parlando dell’Atalanta quasi come di una prigione. Maehle gli aveva risposto:

«Lo hai detto tu. Non volevo dirlo prima ma era così, Gasperini decideva davvero tutto. Se, ad esempio, facevamo un doppio allenamento decideva che dovevamo restare a dormire al centro di allenamento perché secondo lui dovevamo farlo. Non ci era permesso di tornare a casa. Era impossibile dire di no, il suo stile di gestione era basato sulla paura».

Ancora:

«Non mi sentivo una persona, ma un numero. Non avevo alcun rapporto con l’allenatore. Poteva sopportare e tormentare qualcuno per qualcosa di strano. Come quando andavo ad allenarmi con Hojlund. Non voleva che guidassimo insieme, perché così potevamo sederci e parlare mentre andavamo all’allenamento e divertirci. Non lo voleva e per questo sono stato rimproverato per aver portato Rasmus con me, anche se il club mi aveva detto che potevo portarlo agli allenamenti perché non avevano un autista per lui. Non so se siano cose tipiche degli italiani, ma sono solo alcune cose che a lungo termine ti fanno arrabbiare e stancare».

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