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Spalletti: «La clausola col Napoli? Ci lavorano gli avvocati, spero nella migliore soluzione per tutti»

In conferenza stampa: «Sono convinto di aver fatto la scelta perfetta. Essere alla mia presentazione come ct è un’emozione indescrivibile, un sogno»

Spalletti: «La clausola col Napoli? Ci lavorano gli avvocati, spero nella migliore soluzione per tutti»
Napoli 11/09/2021 - campionato di calcio serie A / Napoli-Juventus / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Il nuovo commissario tecnico dell’Italia, Luciano Spalletti, parla per la prima volta in conferenza stampa da Coverciano dopo aver ricevuto l’incarico dalla Figc.

Ieri Spalletti ha diramato la lista dei convocati per i prossimi impegni della Nazionale. Prima convocazione in Nazionale per il difensore della Lazio Nicolò Casale, che nel 2022 era già stato chiamato per due stage dedicati ai calciatori di interesse nazionale. Tornano a vestire la maglia azzurra Mattia Zaccagni (assente dal marzo 2022), Cristiano Biraghi, Gianluca Mancini e Manuel Locatelli (ultima convocazione nel giugno 2022). Spalletti porta con sé quattro calciatori del suo ex Napoli campione d’Italia: Meret, Di Lorenzo, Politano e Raspadori.

Al fianco di Spalletti anche il presidente della Figc, Gabriele Gravina. Proprio Gravina introduce Spalletti dandogli il suo benvenuto.

«Vorrei dare un messaggio di vicinanza alle famiglie delle vittime dell’incidente di Brandizzo che estendo a tutte le vittime del mondo del lavoro, una tragedia incredibile ed un dolore enorme, il mondo del calcio ha il dovere di stringersi attorno a tutte le vittime».

Gravina continua:

«Oggi inizia una nuova pagina, un nuovo capitolo della storia azzurra, una storia lunghissima e importante che appassiona milioni di italiani. Inizia un nuovo capitolo di un libro inedito e l’era di Luciano Spalletti. In pochi giorni abbiamo dovuto rimediare ad una crisi, affrontare una crisi importante e imprevista senza precedenti per quanto riguarda alcune modalità, lo abbiamo fatto con serietà, silenzio e lo stile che ci appartiene, abbiamo voluto dare priorità alla maglia azzurra e mettere subito il valore della nostra Nazionale al primo posto, non abbiamo voluto anteporre a questi valori i nostri individualismi e le nostre prerogative personali, la voglia di reagire e di manifestare un pizzico di rabbia che a volte porta a reagire in modo violento ed esaurisce l’esperienza vissuta, ma un pizzico di delusione è inutile nasconderla, rimane dentro e tende ad esaurire le energie. La nostra reazione è stata composta e ha puntato ad aprire un nuovo capitolo di cui sono particolarmente felice e orgoglioso. Sono motivato perché ho avuto modo di dividere in modo chiaro e netto le valutazioni tecniche e personali. Sul piano tecnico la storia di Spalletti è chiara e nota sotto il profilo del valore tecnico e professionale, della maturità acquisita negli anni. Mi ha colpito soprattutto il lato personale e umano, su cui abbiamo avuto l’intuito di investire. Le sue idee innovative e la sua profondità, la sua sensibilità. Ho apprezzato Luciano come una persona che dedica tutta la sua capacità sentimentale di sacrificio totale a tutto ciò che ama, l’ho vissuto direttamente. Sacrificio totale alla famiglia, alle persone a cui è legato e alle quali vuole particolarmente bene, a dedicarsi a coltivare la sua terra ed a allevare gli animali e al gioco al quale lui dedica gran parte della sua vita, il calcio. Un aspetto identitario, l’identità di Luciano è la sua cifra distintiva, identità familiare, ai suoi luoghi, al suo paese che ama, al gioco del calcio. Questo è il valore che ho apprezzato di lui. In quattro giorni, compreso ferragosto, abbiamo fatto una scelta importante, volevamo per la Nazionale un tecnico di grande prestigio e qualità tecnica e umana e ci siamo riusciti. Quando ci siamo visti siamo arrivati a ora di pranzo e ci siamo seduti due metri distanti dal tavolo apparecchiato, con un discreto appetito e lui ha esordito dicendo di non perdere tempo: lei faccia le sue riflessioni e valutazioni ma non approfitti di me, io voglio allenare la Nazionale. Questo per me è un biglietto da visita incredibile che dice tutto sull’entusiasmo e sulla personalità dell’allenatore. Gli italiani hanno non solo un grande allenatore ma anche una grande persona. L’augurio a Luciano: ho avuto modo di leggere tante etichette, oggi ripartiamo per un nuovo capitolo, una nuova storia, non si chiude un libro, si va avanti, dico a Luciano che l’augurio che posso fargli è legato a qualcosa che gli è caro. Le etichette che ho avuto modo di leggere e di assaporare come i contenuti dei tuoi vini (li cita tutti, ndr) spero che in tempi rapidi si possa aggiungere una nuova etichetta, decidi tu, mi viene in mente vittoria azzurra, azzurro intenso, passione azzurra, scegli tu. Grazie Luciano».

Gravina dà il benvenuto anche a Buffon, poi prende la parola Luciano Spalletti:

«Grazie a tutti di essere qui e a tutta la Federazione, in primis a Gravina per avermi dato questo bellissimo incarico, grazie a tutto lo staff della Federazione, sono stati giorni molto intensi in cui mi dovevano dare tutto il necessario per sviluppare bene il mio lavoro e lo hanno fatto in modo completo. Ho passato molto tempo in questo luogo che è l’università del calcio, ho imparato tante cose che ho riportato nel mio lavoro, ma essere qui alla conferenza stampa della mia presentazione come ct è veramente un’emozione indescrivibile, un sogno che parte da lontano per me. Avevo 11 anni ai mondiali del Messico quando chiesi a mia madre di farmi una bandiera dell’Italia più grande possibile per festeggiare il 4-3 contro la Germania e ora questa bandiera dell’Italia la riporterò in panchina e spero di far rinascere il sogno nei bambini d’Italia».

Quanto ci è voluto a dire sì a Gravina? Nel nome dell’interesse nazionale si aspettava che la vicenda col Napoli si componesse più rapidamente?

«Gravina ha visto in me la determinazione ad assumere l’incarico, sono stato felicissimo dalla prima telefonata ricevuta. Per quanto riguarda il Napoli, è stata un’esperienza bellissima, qualcosa di travolgente più di quello che ci si possa aspettare e ho un ricordo bellissimo. Per l’allusione alla clausola, niente mi farà retrocedere dal pensiero di aver preso la direzione corretta. Alla clausola lavorano gli avvocati, spero che si arrivi a breve alla migliore soluzione per entrambe le parti».

«Cerco la felicità, è quella di cui abbiamo bisogno, non riesco ad essere felice se non vedo la gente felice attorno a me, come è successo a Napoli. Penso che questa cosa sia subito da chiarire anche con i calciatori: anche loro devono essere felici di vestire questa maglia, attraverso questa felicità si può dare il meglio. Potrebbe essere un test: bisogna urlare la nostra felicità a vestire questa maglia, voglio vedere appartenenza alla maglia perché non è una maglia qualunque. Mi ricordo De Rossi che diceva ho due maglie, ed è giusto, la maglia del club ce la mettiamo sopra a quella della Nazionale, quella della Nazionale resta sempre addosso, la porteremo nelle squadre dove giocheremo, è sempre sotto la maglia del club. La maglia della nazionale in un mondo dove si può arrivare a tutto velocemente, sarà sempre un’altra cosa, una sfida importante, che non tutti possono vestire, bisogna restituire il suo valore con i comportamenti per poterla vestire e poi abbiamo dei campioni che ci hanno fatto vedere cosa significa indossarla, saranno sempre con noi, anche quelli che non ci sono più, come Vialli, saranno i nostri spiriti guida e forse la storia di Buffon e di altri sarà intuitiva, fondamentale per sapere cosa deve essere il comportamento di chi fa parte del gruppo, l’appartenenza è fondamentale. Di Buffon staccheremo un pezzo per uno e glielo faremo portare a casa».

Il criterio di scelta dei giocatori? Spalletti:

«Dobbiamo giocare due partite fondamentali, serve spessore internazionale, esperienza, per quanto mi riguarda è un dono troppo importante, la maglia, che bisogna contraccambiare, perciò non un numero esagerato perché mi dispiacerà dire a qualcuno che non potrà giocare. Il criterio? Doppio ruolo da tutte le parti, provo a scegliere il migliore in questo momento è fondamentale il minutaggio, se fosse stato a dicembre sarebbe stato diverso. Ho lasciato a casa Jorginho e Verratti perché era impensabile portarli dentro non avendo fatto minutaggio e preparazione, chiamiamo dentro chi ha i comportamenti giusti non per come ci chiamiamo».

Che problemi ha il calcio italiano, in termini di rapporti con i club e presenza italiani?

«Conosco le difficoltà che hanno i club con le convocazioni della Nazionale ma il club deve sapere che il bene della Nazionale è il bene di tutto il calcio italiano, è una cosa che gli viene restituita, non dobbiamo essere mai in contrasto, cercherò dal punto di vista tecnico, con gli allenatori, di avere un rapporto continuo, ho già cominciato a chiamare qualcuno, anche qualche calciatore, ce n’è qualcuno non convocato che meritava di essere messo al corrente e l’ho fatto. C’è una percentuale abbastanza negativa, del numero dei tesserati rispetto ai convocabili, poi c’è da vedere dove giocano, quanti ce ne sono nello stesso ruolo e nella stessa posizione, per cui è facile riprendere il detto indiano: non è dove nasci che rivela la tribù a cui appartieni ma dove muori. Bisogna prendere anche quello che troviamo in altre parti del mondo, non contano i documenti in tasca ma la partecipazione, la voglia di far crescere il nostro calcio, non abbiamo alibi, abbiamo una storia di gente che ci ha indicato la nostra strada, non ci sono scuse, dobbiamo dare una continuazione alla storia dell’Italia, bellissima, che tutti riconoscono. La vera vittoria è quando vai dall’altra parte del mondo e trovi bambini che indicano Buffon e dicono Italia, non tanto di alzare un trofeo, significa che hai evidenziato uno stile, hai fatto vedere un comportamento, una dedizione, un’appartenenza».

Prende in eredità la nazionale campione d’Europa o quella che non è andata al Mondiale?

«Prendo come esempio tutte le cose di cui ho parlato, non dei risultati. Da Mancini eredito una buona Nazionale, ha lanciato molti giovani, vinto tante partite, un Europeo. Bisogna cancellare l’amarezza di due risultati che ci sono successi, dobbiamo prendere le distanze di credere di far parte di un calcio minore in questo momento, che non appartiene alla nostra storia e andare a cercare di fare un calcio che piaccia a tutti. Ci vuole la giusta via di mezzo, che è quella che riesce a prendere più cose e a far partecipare più anime e rendere più redditizio il lavoro che fai. Vogliamo fare un calcio che assomigli ad una nazione forte come l’Italia».

La Nazionale ha perso leader come Bonucci, Chiellini e altri. Chi può essere il leader della Nazionale? E un regista puro?

«Leader non ne basta uno solo, ci sono nazioni fortissime e calciatori importantissimi. E’ chiaro che poi ci saranno dei calciatori che hanno più esperienza e meno timidezza. La timidezza è una difficoltà caratteriale che alcuni calciatori portano in campo con sé. A me dicevano che ero un calciatore del giovedì. Li vedi e dici questo è di livello, poi lo porti dentro il livello e dici che ti sei sbagliato. Poi lo rimetti dove si sente a suo agio e torna di livello. Lo ricarichi di responsabilità e non è di livello. La responsabilità è una cosa che a volte schiaccia ma per essere persone forti ne abbiamo bisogno. Questo incarico che Gravina mi ha dato è della massima responsabilità per me, ho intravisto in tutti quelli che sono venuti a trovarmi che la Nazionale è una cosa veramente importante, per cui questa responsabilità la dobbiamo avere tutti, senza responsabilità non riesco a lavorare. I calciatori devono fare lo stesso, non bisogna andare lì a fargli tutte le pettinate per la messa in piega per essere belli bisogna essere veri, giusti, pratici, bisogna dare battaglia a tutti. Regista? Ne ho più di uno, va messo in un contesto. Vogliamo giocare con la difesa a quattro, ci sono le scelte. Alcune sono state fatte per i difensori perché giocano a quattro. Per quelli che giocano a tre c’è una qualità che sposa bene con il calcio che vogliamo fare. Dobbiamo essere una squadra che tenta di andare a prendere la palla. Due cose contano nel calcio: pressione e costruzione. Il resto viene di conseguenza. Se si pressa bene si riconquista prima, se si gestisce bene facciamo la partita che vogliamo. Di registi ne abbiamo, uno della Juventus, Locatelli. Secondo me ce ne sono altri che non cito, Cristante lo sta facendo in modo splendido, lo ha fatto anche ieri sera, ha la fisicità che può servire».

Viene dal Napoli, dal centravanti più forte del campionato, arriva in una squadra che cerca il padrone della maglia. Che cosa ne pensa?

«Ce ne sono in Italia di centravanti che sono nelle condizioni di poter vestire la maglia della Nazionale. Non ho chiamato Kean e Scamacca per il minutaggio, ne ho chiamati altri che conoscerò, poi è chiaro che quello fisico ha caratteristiche precise ma forse Raspadori è più bravo a partecipare al collettivo e al gioco di squadra, cercheremo risposte che siano complete e che ci possano dare tutte e due le cose, sennò cercheremo di calcare la mano sul comportamento che dovrà avere la squadra, ma mi sembra che ci siano delle potenzialità uguali, lì davanti, da poter sfruttare, c’è anche qualche calciatore di altre posizioni che può ricoprire il ruolo, uno o due possono farlo, anche se hanno giocato in altre posizioni, c’è un lavoro da fare che è normale per chi ricopre il mio ruolo. Ho portato con me collaboratori di cui mi fido come di me stesso, li conosco da quando ho iniziato ad allenare».

 

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