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Quello saudita è un progetto geo-politico, è un attacco all’egemonia calcistica dell’Europa

È una strategia di ampio respiro, che coinvolge la Fifa, Usa e Africa. Il Mondiale per Club ha l’obiettivo di ridimensionare la Champions

Quello saudita è un progetto geo-politico, è un attacco all’egemonia calcistica dell’Europa
Asian Football Confederation (AFC) president Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa (L) and FIFA President Gianni Infantino watch the 2021 FIFA Club World Cup final football match between Brazil's Palmeiras and England's Chelsea at Mohammed Bin Zayed stadium in Abu Dhabi, on February 12, 2022. (Photo by Giuseppe CACACE / AFP)

Pensate ai cinque calciatori oggi più famosi nel mondo. A quelli che firmano i contratti più pubblicitari più ricchi. Quelli che valgono di più. Magari chiedetelo anche a ragazzini di 12-13 anni. Nella cinquina compariranno certamente Mbappé, Haaland, Messi e Cristiano Ronaldo. Il quinto può variare, la scelta potrebbe ricadere su Neymar, Benzema, Salah oppure qualche emergente come ad esempio Osimhen la cui azienda individuale però fattura ancora decisamente meno rispetto a quelle dei suoi colleghi citati.

Di questi, solo Mbappé e Haaland giocano in Europa. Uno per un club di qatarini (il Psg) e l’altro per un club degli Emirati Arabi Uniti (il Manchester City). Messi è negli Stati Uniti e da quando è lì la circolazione di notizie sul calcio nord-americano è schizzata. Cristiano Ronaldo è stato il pioniere dell’espansione saudita nel calcio. Lo hanno seguito Benzema, Neymar e forse Salah. Il podio dell’ultimo Pallone d’oro è stato Benzema, Mané, De Bruyne. Ora due giocano in Arabia Saudita e il belga nel City degli emiri.

È arduo non scorgere nello stravolgimento che sta avvenendo nella geo-politica del calcio un attacco all’egemonia dell’Europa da sempre considerata, a ragione, la culla del pallone che conta e di conseguenza del business che vi gira attorno. Abbiamo scritto della reazione di Kroos alle scelte di Gabri Veiga e di quanto sia figlia di una visione che non tiene conto degli eventi. Ancien regime, potremmo dire. Una delle maggiori difficoltà dell’essere umano è accettare il cambiamento, che sia il fisiologico avanzare degli anni o il mutare dei rapporti di forza in qualsiasi ambito: che sia uno Stato o un’organizzazione economica.

L’espansione calcistica dei sauditi non è un capriccio. C’è un progetto ambizioso. Qualcuno ha fatto notare come un primo obiettivo sia stato raggiunto: l’argomento sportwashing così come il tema diritti umani sta diventando meno presente, come se piano piano ci si abituasse all’idea (non tutti ovviamente come dimostra anche il Napolista). E questa è una prima vittoria saudita. Non da poco. Ma l’obiettivo non è quello. Riguarda l’Arabia Saudita ma riguarda anche l’organizzazione e gli equilibri del calcio. L’anno scorso, tanto per dirne una, la Saudi League era trasmessa solo a livello locale, quest’anno è stato acquistato da ottanta brodcaster internazionali. Anche in Italia lo vedremo (su La7 e Sportitalia), non è affatto vero che nessuno è interessato alle partite di Ronaldo, Benzema e compagni.

Ieri il Financial Times ha scritto della rivoluzione in corso nel mondo del calcio. Ha dato un po’ di cifre: i sauditi hanno speso più di 700 milioni di euro solo per i cartellini dei nuovi giocatori, secondi soltanto alla Premier. Ha ricordato però che la vera somma è molto più alta perché ci sono gli stipendi pagati ai calciatori nonché le commissioni versate agli agenti.

L’Ft ha scritto che in quattro anni (fino al 2022) la Fifa ha incassato 7,6 miliardi di dollari da tv, sponsorizzazioni e biglietti (l’80% dal Mondiale). E che in questo momento la Uefa, grazie alla Champions League, può guadagnare lo stesso importo in metà tempo, mentre la Premier League inglese in una sola stagione.

È il punto chiave. I rapporti di forza oggi. Quanto resisterà l’attuale ordine di grandezza? È questa la rivoluzione lanciata. Che poi non è una rivoluzione, è un’opa. È un disegno politico e quindi economico-finanziario. L’attacco è all’egemonia del calcio europeo, delle casse europee.

Oggi l’Europa, col 25% del Pil mondiale e il 20% della popolazione mondiale, produce il 70% del fatturato mondiale del calcio.

Al tempo stesso la Fifa incassa l’80% delle sue entrate dal Mondiale. Indebolire l’Europa è il primo, fondamentale, passo per qualsiasi strategia espansionistica. Una cosa è una Champions con Messi, Neymar, Benzema Ronaldo, un’altra è una senza i divi del pallone. E allo stesso tempo la crescita del calcio saudita e americano rende molto più appetibile dal punto di vista commerciale il Mondiale per club creatura rilanciata alla grande dal presidente della Uefa Infantino. Un’operazione a tenaglia.

Scrive il Financial Times che la nuova versione del Mondiale per club – lanciata nel 2025 – promette di essere una svolta, con 32 squadre provenienti da tutto il mondo, che si sfideranno in un torneo di un mese sul modello di un vero e proprio Mondiale. Insomma l’evento.

L’Ft ricorda che all’edizione 2025 parteciperà l’Al-Hilal vincitore della Champions League asiatica 2021.

“L’arrivo di squadre fuori dalla giurisdizione Uefa dovrebbe portare competitività, curiosità e novità nel progetto della Fifa. Un’ipotetica fase a gironi che contrappone Al-Hilal a Real Madrid, Chelsea e Inter Miami aiuterebbe a influenzare le emittenti incerte se investire o meno in questo prodotto. Aspettatevi sponsor sauditi e un tentativo di ospitare la Coppa del Mondo stessa-a seguire”.

E al Financial Times aggiungiamo che al confronto col Mondiale per club la Champions League rischierà di sembrare un torneo periferico, un po’ come l’Europeo rispetto al Mondiale.

È un’operazione di potere. Depotenziare l’Europa e delocalizzare il calcio tra Stati Uniti, che ospiteranno il Mondiale 2026, e il mondo arabo che ha organizzato il torneo in Qatar e potrebbe succedere agli Stati Uniti.

Lo stravolgimento di quest’estate – e non è ancora finita – è solo il primo passo. La vicenda Gabri Veiga ne è stato un assaggio. Senza dimenticare che fin qui i club europei non hanno avuto problemi nel dispiegare la loro politica coloniale con i talenti africani. Questo potrebbe finire. Grazie ai soldi arabi, il calcio africano potrebbe non essere più vassallo dell’Europa. Ne vedremo le conseguenze a breve. Il progetto saudita non è uno scherzo. È una deriva dei continenti del pianeta calcio. E come conclude il Ft:

“La Fifa sta già proiettando oltre i 10 miliardi di dollari le entrate del prossimo quadriennio. Questa cifra non tiene conto delle entrate della Coppa del Mondo per club. Con l’Arabia Saudita, questi numeri sono destinati a salire”.

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