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È stato il mio scudetto ma non è stata la mia festa: densa di retorica e sensi di inferiorità

Silvio Orlando che ha parlato più della Juve che del Napoli campione. Lo scudetto di Maradona, ma dove? Vincere di più ci insegnerebbe a vincere

È stato il mio scudetto ma non è stata la mia festa: densa di retorica e sensi di inferiorità
Napoli's Italian defender Giovanni Di Lorenzo (C) holds the Italian Scudetto Championship trophy as he and his teammates celebrate winning the 2023 Scudetto championship title on June 4, 2023, following the Italian Serie A football match between Napoli and Sampdoria at the Diego-Maradona stadium in Naples. (Photo by Tiziana FABI / AFP)

È stato anche il mio scudetto. È stata anche la mia gioia. Ma non è stata la mia “festa scudetto”, l’ho vissuta con imbarazzo e tristezza.

Tristezza nel sentire Siani retoricheggiare sul fatto che pure questo scudetto – due non erano abbastanza? – sarebbe merito di Maradona. Maradona è morto, purtroppo, e non ha potuto vedere il capolavoro che hanno fatto Spalletti e i suoi quest’anno. Ma se anche fosse stato vivo, sarebbe stato un tifoso come noi. Era Maradona, non Harry Potter, la sua bacchetta magica era il piede sinistro, e quello non scendeva più in campo da quasi tre decenni. Perché dovremmo ringraziare un totem meraviglioso ma appartenente al passato, per festeggiare il presente, invece di celebrare chi ci ha portato sul tetto del calcio italiano?

Tristezza, dunque. Ma soprattutto imbarazzo. A causa di un attore che amo molto, da sempre, che fin da ragazzo identifico con la figura del professore buono de La Scuola di Luchetti e che ancora mi commuove per la sconsolata rassegnazione a bordo vasca nel non riuscire a marcare Budavari. Le parole di Silvio Orlando mi hanno creato imbarazzo come tifoso del Napoli, perché hanno messo ancora una volta in evidenza il nostro senso di inferiorità: nella sua preghiera religiocalcistica ha parlato più della Juventus che del Napoli. Nel giorno in cui si doveva festeggiare il Napoli, la nostra gioia di campioni, ha voluto parlare di altri, dei “nemici” da delegittimare. Non degli avversari fieramente battuti due volte sul campo, no, proprio dei cattivi ladri birbanti che secondo lui, purtroppo secondo molti, non avrebbero nemmeno diritto di scendere in campo.

Invece che celebrare la nostra forza manifesta e schiacciante, si è scelto di abdicare, di parlare di una “ossessione” che altro non fa se non rimarcare il senso di inferiorità che molti ancora patiscono nei confronti delle squadre abituate a vincere. La differenza sta qui: è proprio a causa di chi propugna queste tesi che anch’io provo questo senso di inferiorità e invidio chi si dimostra capace di vincere spesso, chi vuole vincere per sé e non “contro” qualcun altro. Mentre chi propugna quelle tesi li invidia senza ammetterlo. Non faremo mai un salto di qualità come tifoseria così, rimarremo sempre dei piangina e giustamente juventini, milanisti e interisti continueranno a sfotterci. Siamo noi in fondo che li imploriamo di sfotterci sempre di più. Perché, diciamocelo, in confronto al Padre nostro di Orlando… il ricordo della scusa della “pioggia” di Mazzarri sembra un sonetto di Shakespeare.

p.s.
Vorrei vincere più spesso, cosi magari impareremmo a vincere. E a essere felici per i traguardi raggiunti, felici per noi stessi, e non in relazione alle disgrazie di ipotetici “nemici” che nemici non devono essere. Ma solo avversari.
Napoli è cultura, arte, è anche calcio di altissimo livello finalmente. Quanto sarebbe bello che anche tutti i napoletani seguissero la squadra e la città abbandonando il vittimismo per entrare stabilmente nell’Europa degli adulti?

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