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Quando dopo una lite Ince puntò un fucile (scarico) in faccia a Ferguson

In un libro i racconti dell’ex portiere “di coppa” del Manchester United: aneddoti di un calcio ormai impossibile, fatto di gente ricucita in campo

Quando dopo una lite Ince puntò un fucile (scarico) in faccia a Ferguson
imago archivio Image Sport / Alex Ferguson / foto Imago/Image Sport ONLY ITALY

Les Sealey è stato il portiere “di coppa” del Manchester United d’oro di Sir Alex Ferguson. E’ morto di infarto a soli 43 anni nel 2001. Anni dopo, a suo figlio Joe fu consegnata una scatola di audiocassette di ricordi che suo padre aveva registrato con un amico di famiglia. Quei racconti sono diventati un libro zeppo di aneddoti incredibile, scritto da Tim Rich. Si chiama “The Lost Memoir of a Goalkeeper”. Racconta il calcio inglese prima della grande rivoluzione della Premier League, “e offre una visione sorprendente del caos – e del genio – della battaglia di Ferguson per riportare lo United alla grandezza”, scrive il Telegraph che ne riporta degli stralci.

Era un mondo molto più duro di quello di oggi. Lo stesso Sealy, per esempio, ha rischiato di morire di setticemia dopo una partita, con la squadra che lo molla lì e se ne torna in aereo a casa. Dopo aver perso la finale di Coppa di Lega del 1991, Sealey ha un profondo squarcio al ginocchio, ma ha un disperato bisogno di giocare la finale di Coppa delle Coppe tra 24 giorni. Il dottore mette cinque punti nella ferita. Senza anestesia.Quando viene chiamato il volo per Manchester, non ce la faccio più. Mi sdraio sul pavimento mentre qualcuno telefona per chiamare un’ambulanza. Nessuno del Manchester United resta con me, si imbarcano tutti sul volo. Elaine (la moglie, ndr) rimane nella sala partenze ormai deserta, tenendomi per mano. Il dolore è ormai indescrivibile. Quando i paramedici mi stanno dando gas e aria, sono in lacrime di agonia. A mezzanotte mi stanno preparando per l’operazione. Quando mi riprendo, il chirurgo è ancora lì, in piedi accanto al mio letto. Dice che sono stato ricucito a Wembley con terra ed erba dentro la ferita. C’era voluto un litro e mezzo di soluzione salina per pulire il ginocchio. C’era del pus nell’articolazione e mi stavo avvelenando il sangue. «Lascia che ti dica cosa sarebbe successo se fossi salito su quell’aereo – dice – Avrebbe ritardato l’operazione. La cosa più probabile è che la cabina pressurizzata avrebbe intensificato tutto ciò che circondava la ferita e la tua gamba avrebbe dovuto essere amputata. Nel peggiore dei casi ti avremmo seppellito»“.

La volta che Ince puntò un fucile in faccia a Ferguson… Lo United ha battuto il Norwich 3-1 nell’aprile 1993, portandosi a un punto dalla capolista Villa. “Mentre i giocatori sferragliano lungo il corridoio e nello spogliatoio, Ferguson li sta aspettando vicino alla porta. Ogni volta che entra una maglietta rossa, gli dà una pacca sulla spalla. Poi entra Paul e Ferguson si rivolge a lui: “Sono deluso da te, Ince. Quando cazzo imparerai a guardare in alto quando corri? Paul sembra uno che è stato appena schiaffeggiato. Si lancia verso l’allenatore, che tiene la posizione. Lo spogliatoio è diviso da un lettino per massaggi. Da un lato, Paul è trattenuto da quattro dei suoi compagni di squadra urlando: “Se è quello che pensi, perché non mi vendi, coglione? Avanti allora, vendimi. Non hai la fottuta bottiglia, vero?”. Dall’altra parte, Ferguson è in piedi di scatto, aggrappato al tavolo, rifiutandosi di fare un passo indietro. Si fissano l’un l’altro, due tori che combattono per il controllo della mandria. Nessuno si muove. Secondo per secondo impercettibile, la crisi inizia a sgonfiarsi. Steve Bruce dice: “Posso ricordare a tutti in questa stanza che abbiamo appena battuto il Norwich 3-1?” Paul si siede. Il manager esce per tenere la sua conferenza stampa. Pochi giorni dopo, Ferguson è seduto nel suo ufficio al Cliff (il campo di allenamento, ndr), quando vede la canna di un fucile spuntare dalla fessura della porta, che si apre lentamente. Lì, che punta un fucile a doppia canna dritto al petto di Ferguson, c’è Paul. Si guardano dritto negli occhi. “Non preoccuparti, vecchio”, sorride Paul. “Non è carico”.

Regole diverse per Cantona. È l’unica persona nello spogliatoio dello United che non ha mai sentito l’ira della lingua di Ferguson. Anche quando gioca male il mister non gli dice mai niente, quasi mai gli dà istruzioni. Di solito, gli viene solo detto di continuare così. Ferguson è come se sapesse che Eric ha voltato le spalle a così tante persone nella sua carriera. Non vuole essere il prossimo, quindi lo asseconda”.

La filosofia di Fergie. Una volta stavamo prendendo un caffè in un albergo prima di una trasferta e Ferguson mi ha detto che una volta deciso di sbarazzarsi di un giocatore, non gliene frega più niente. Non cammina su e giù per i corridoi ripensando alla decisione. ‘Non puoi andare a casa e preoccuparti del giocatore, di cosa sta succedendo a loro o alle loro mogli e famiglie. Hai preso la decisione’, dice. «Lo fai per due motivi. In primo luogo per te stesso, perché i giocatori che non sono abbastanza bravi o non sono abbastanza motivati ti faranno licenziare. Ma, soprattutto, per il bene del club. È un business, il calcio, e se mai sarai un allenatore, Les, te lo ricorderai”.

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