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I padri e lo scudetto. Quel “Forza Napoli” nella stazione di Genova piena di sampdoriani

C’è il padre-appassionato di calcio, il padre-sentimentale e grande tifoso del Napoli. La vittoria evoca ricordi d’infanzia

I padri e lo scudetto. Quel “Forza Napoli” nella stazione di Genova piena di sampdoriani
Tifosi della squadra di calcio SSC Napolidurante i festeggiamenti per la vittoria del campionato italiano di calcio. La vittoria è arrvata dopo la partita con l'Udinese pareggiata per 1-1 ph Ludovico Brancaccio/KONTROLAB

Il tifo è questione paterna. I casi abbondano, anche se è molto facile trovarne uno di segno diverso, come si vedrà anche qui con un certo auspicio. Tre esempi sparsi e non esaustivi.

C’è il padre-appassionato di calcio e grande tifoso del Napoli. Il padre-appassionato è un esperto di calcio anche perché è stato a sua volta calciatore negli anni in cui anche il calcio delle serie minori era leggenda. Il padre-appassionato di calcio è tifoso con il cuore e con la testa, considera il calcio un regno platonico fatto di valori eterni, e quando la sua idea di calcio corrisponde al calcio praticato dal Napoli, è un tripudio assoluto. Il padre-appassionato ha fatto due figli, un maschio e una femmina, e malgrado la femmina sia cresciuta negli anni in cui per strada solo i maschi erano autorizzati a giocare a pallone, la femmina si è imposta nel parco come grande goleador (in questo caso l’inglese non marca il femminile, ma chi scrive è cresciuto con il motivetto Viva viva, il goleador! della Domenica Sprint, trasmissione in onda anche nei primi anni Ottanta. La sigla fu scritta da Oscar Prudente, prima batterista di Luigi Tenco e Lucio Battisti e poi fondatore dei Delirium con Ivano Fossati).

Il tifo è questione paterna, non materna, sembrerebbe. Malgrado la figlia del padre-appassionato abbia cresciuto a sua volta i suoi due figli secondo i dettami del tifo e lo stesso nonno li abbia avvolti ogni domenica nella bandiera azzurra, avendo un padre-simpatizzante ma tutto sommato indifferente, il figlio della figlia del padre-appassionato tifa Milan con dedizione e passione. Ci vogliono coraggio e carattere ad andare a scuola con la maglia rossonera sfidando un’intera classe che veste la maglia del Napoli nell’anno del suo terzo scudetto.

Nota a margine. C’è un automatismo diabolico, ogni volta che sente la parola “Milan”, nella mente di chi scrive si crea l’immagine di Pietro Paolo Virdis che segna allo stadio San Paolo. Fu la sua prima volta in tribuna laterale, e non avrebbe mai più messo piede in quel settore dello stadio. Seconda nota, non a margine. La figlia della figlia del padre-appassionato ha comprato la maglia di Khvicha Kvaratskhelia, in questo caso l’auspicio è che il tifo possa essere non solo questione paterna.

C’è il padre-teorico e grande conoscitore del calcio. Per la sua vena razionale di stampo cartesiano – sì, un cartesiano nella città di Vico, evviva! –  il tifo è faccenda emotiva e non razionale, quindi non fa per lui. Il padre-teorico ha fatto due figlie e un figlio, e dato che nel 1982 l’Italia fu campione del mondo sostanzialmente con i giocatori della squadra della Juventus, il figlio del padre-teorico si convince a tifare Juventus sulla base di ottime giustificazioni razionali: se il calcio è gioco collettivo, la Juventus è la massima espressione calcistica italiana. Per questi convincimenti, nell’anno della venuta di D10S a Napoli, il figlio del padre-teorico inizia ad andare a scuola con la maglia bianconera sfidando un’intera classe, e trasformando di fatto una questione razionale in una faccenda emotiva e di tifo. Ci vogliono coraggio e carattere ad andare a scuola con la maglia bianconera sfidando un’intera classe che veste la maglia del Napoli nell’anno del suo primo scudetto.

Il figlio del padre-teorico era amico del figlio del padre-sentimentale e grande tifoso del Napoli, e aveva così tanto rispetto del tifo sentimentale del Napoli, che quando andava a casa sua non parlava mai del suo tifo bianconero. Il figlio del padre-teorico se n’è andato da Napoli molto presto, e chi scrive è convinto che il rapporto che ogni napoletano ha con la propria città è questione soprattutto paterna, esattamente come il tifo. Da quando ha lasciato Napoli, il figlio del padre-teorico è diventato sempre più tifoso del Napoli, abbandonando definitivamente le convinzioni bianconere e crescendo a sua volta un figlio a Milano che è diventato un grandissimo tifoso del Napoli. Straordinario. Ci vogliono carattere e coraggio ad andare a scuola con la maglia azzurra sfidando un’intera classe che veste la maglia del Milan nell’anno del suo diciannovesimo scudetto.

C’è il padre-sentimentale e grande tifoso del Napoli. A sua volta, suo padre, dal carattere burbero, era molto tifoso, e questo probabilmente rappresentava l’unico legame affettivo un po’ più esplicito. Qualcuno dai piani alti sottolineerebbe che, per essere affettivi, i legami devono essere per definizione espliciti. Il padre-sentimentale ha diversi canali affettivi con sua figlia e con suo figlio. Dopo averli portati diverse volte a un noto parco giochi della città vicino allo stadio San Paolo (ora ribattezzato “Diego Armando Maradona”), una domenica mattina propone di andare a vedere una partita del Napoli. Il figlio del padre-sentimentale non se lo fa ripetere due volte: finalmente è diventato adulto, e quindi rilancia con piglio nient’affatto polemico che non c’è più bisogno di andare all’Edelandia, la domenica si può andare direttamente allo stadio. Il figlio del padre-sentimentale ha come primo impatto Napoli-Torino del 21 marzo 1982 con la vittoria del Napoli per due a zero, reti di Criscimanni e Pellegrini. Il San Paolo gli sembra un’astronave e si sente sicuro tra la gente come non fu mai più. Aveva sempre visto le maglie filtrate dal suono della radio e dall’immagine sfaldata dei televisori dell’epoca, e in quel giro di astronave incontra per la prima volta l’azzurro del Napoli. E dopo il terzo lancio millimetrico a scavalcare il centrocampo, s’innamora perdutamente di Ruud Krol.

Il padre-sentimentale e il figlio del padre sentimentale vivono gli anni di D10S allo stadio, e insieme a tutti i tifosi presenti al San Paolo sono la coda del barrilete cosmico, l’aquilone cosmico che volava in fretta sopra la città a un’altezza irraggiungibile per qualsiasi astronave (qualcuno dice che lì si può campare). Nel 1987 e nel 1990 il padre-sentimentale immagina che quelle due squadre campioni d’Italia sarebbero piaciute molto a suo padre, nato alla fine dell’Ottocento e scomparso molti anni prima. Il figlio del padre-sentimentale è stato alquanto fortunato ad aver vissuto presto i due scudetti del Napoli, ed è stato ancora più fortunato ad averli vissuti con il padre. Si ricorda la gioia e il loro abbraccio per il primo scudetto. E la gioia e il loro abbraccio per il secondo scudetto. Il padre sentimentale è mancato quando il Napoli è sceso in serie B.

Ora, dopo aver vinto il terzo scudetto, il figlio del padre-sentimentale gira per la città colmo di gioia. Dopo un tempo che gli sembra infinito, pronuncia per la prima volta la parola “papà” per dirgli che questo Napoli gli sarebbe piaciuto davvero tanto. E si ricorda di un episodio che gli capitò da ragazzino. In un tempo in cui il primo scudetto del Napoli era ancora lontano, si dedicava anima e cuore al suo sport individuale e girava in lungo e in largo l’Italia per gli impegni agonistici. Stava alla stazione di Genova, di ritorno da Chiavari, in un treno pronto a partire per Napoli. Era una domenica in cui si giocava Sampdoria-Napoli. Sotto la pensilina della banchina di fronte al treno, il figlio del padre-sentimentale riconobbe dei tifosi blucerchiati con sciarpe e bandiere, e un attimo prima che il suo treno partisse per riportarlo a Napoli, abbassò il finestrino, cacciò la testa e con tutto il fiato gridò: “Forza Napoli!”. In tutti questi anni non ha mai pensato a quell’episodio. Ora, camminando tra le strade del suo quartiere straripanti di padri, madri, figlie e nipoti che esultano e cantano tutta la loro felicità per il terzo scudetto del Napoli, il figlio del padre-sentimentale ritiene che a suo modo, e nel suo piccolo, quella volta alla stazione di Genova, completamente solo in uno scompartimento di un treno, ci vollero carattere e coraggio per gridare “Forza Napoli” con tutta la gioia che aveva.

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