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Piantedosi è lo stesso che si genuflesse a Bonucci e Chiellini per festeggiare l’Europeo (Repubblica)

Quando si parla di calcio, l’Italia non sa cosa sia la fermezza. Il Viminale non è stato in grado di fermare e deportare 600 violenti, non 6mila

Piantedosi è lo stesso che si genuflesse a Bonucci e Chiellini per festeggiare l’Europeo (Repubblica)
Roma 12/07/2021 - festeggiamenti Nazionale di Calcio / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Italia

“Il ministro del nulla” è l’eloquente – oltre che considivisibile – titolo che Repubblica ha scelto per l’editoriale di Carlo Bonini sulle violenze di ieri a Napoli.

Lo scempio di una città, della sua gente, delle sue strade e delle sue piazze più belle, prese in ostaggio e ridotte a una tonnara da una battaglia tra ultras durata un pomeriggio e una notte, ci consegna, ancora una volta, l’immagine desolante di uno sfortunato Paese, il nostro, dove la conclamata inadeguatezza di un ministro dell’Interno e, in questo caso, di una irresponsabile giustizia amministrativa si è saldata con la sgangherata postura di una società di calcio tedesca (l’Eintracht Francoforte) e del vertice del Uefa.

Una sequenza grottesca che dimostra la fragilità del nostro sistema Paese quando incrocia il calcio, in tutte le sue articolazioni. A Piantedosi era già successo, da prefetto di Roma, nel luglio 2021, di genuflettersi a Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci, freschi campioni d’Europa con la nazionale, lasciando che fossero loro a decidere il via libera a cortei di tifosi nel centro di Roma per festeggiare in piena pandemia la coppa e gli azzurri che l’avevano portata in Italia. Con tanti saluti alle regole sul distanziamento e sulla prevenzione dei contagi.

Il Viminale non è stato in grado di fermare, isolare e, come era necessario ieri, deportare a forza fuori dalla cintura urbana di Napoli 600 (non 6 mila, non 60 mila) violenti. Arrivati a Napoli non con il favore delle tenebre, non via mare in tempesta e su
imbarcazioni non segnalate come a rischio da Frontex, ma con treni e aerei di linea e con la sciarpa dell’Eintracht Francoforte al collo. E non è stato in grado perché quando si maneggia il calcio, alle nostre latitudini, il principio della fermezza, del rispetto inderogabile delle regole, della salvaguardia della tanto invocata libertà a sentirsi sicuri nelle strade, i nostri “protocolli”, conoscono il vecchio adagio della “riduzione del danno”. Della faccia feroce a metà, o a giorni alterni. O, peggio, dello scaricabarile. 

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