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La Süddeutsche celebra i 25 anni di «Strunz!»: “Trapattoni come D’Annunzio, Orazio e Totò”

“In Germania quello sfogo ha plasmato il linguaggio, e ancora oggi rappresenta una cosa che manca al calcio tedesco: la vera passione”

La Süddeutsche celebra i 25 anni di «Strunz!»: “Trapattoni come D’Annunzio, Orazio e Totò”
Gc Milano 30/03/2010 - trasmissione TV Chiambretti Night / foto Giuseppe Celeste/Image nella foto: Giovanni Trapattoni

“Strunz!”. La stampa tedesca festeggia oggi i 25 anni del mitico sfogo di Giovanni Trapattoni contro il suo Bayern Monaco. Era il 10 marzo 1998: la conferenza stampa – scrive la Süddeutsche Zeitung – si trasformò in un esemplare “sfoggio di grande retorica. Le vivaci formulazioni scelte da Trapattoni sono entrate da tempo nell’uso tedesco: «Strunz», «debole come una bottiglia vuota»…”.

Trapattoni se la prese con i suoi giocatori “piagnucoloni, i poveri Scholl, Basler e Strunz. Per la SZ “mescolando emozione, pathos e leggera confusione linguistica, Trapattoni ha creato qualcosa di speciale: ha contribuito a plasmare il linguaggio. In seguito avrebbe modestamente detto che non poteva essere orgoglioso di uno scatto d’ira in cui aveva commesso un mucchio di errori grammaticali, ma non è questo il punto”.

Quel suo perentorio “sono finito!” (commise un errore) è diventato talmente celebre in Germania da essere usato, ad esempio, sui manifesti elettorali socialdemocratici (con riferimento all’allora cancelliere Helmut Kohl). “Cosa vuole Strunz?” divenne il titolo di un programma televisivo, e lo stesso Trapattoni grazie alla “bottiglia vuota” divenne testimonial del sistema di resto dei vuoti di una catena di supermercati tedesca.

Non solo, continua il quotidiano tedesco, il suo discorso è usato ancora oggi nei manuali di lingua tedesca della nota casa editrice Klett come esempio eccezionale di “varietà di transizione”.

Ovviamente in Germania ricordano che il Trap è quello di “mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco”.

“A Monaco, tuttavia, Giovanni Trapattoni è riuscito in qualcosa che Gabriele D’Annunzio (“Memento audere semper!”), Cesare (“Veni, vidi, vici”) o Orazio (“Carpe diem!”) rappresentano allo stesso modo: la creazione di nuovi modi di dire. Se si trascura l’aspetto della lingua straniera, che non è del tutto impeccabile, resta la turbolenta dinamica di Trapattoni, che ricorda quella di Roberto Benigni agli Oscar del 1999, così come di altri grandi attori italiani come Totò”.

La Sz cita anche “la bellissima frase di Sergio Mattarella poco prima di un intervento televisivo in piena pandemia”, con il suo “Eh, Giovanni, dal barbiere non ci vado neanche io”.

“In ogni caso – conclude la Süddeutsche – il discorso di Trapattoni non è affatto ridicolo. Al contrario: anche dopo un quarto di secolo è ancora vivo e rappresenta una cosa che sembra mancare sempre di più nel calcio professionistico tedesco: la vera passione!”

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