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John Malkovich: «Si vive senza capire granché. Quando si afferra il senso della vita è tempo di morire»

A Sette: «Non sono un seduttore né un intellettuale. Sono un pagliaccio. Non mi interessa essere ricordato da gente che non conosco»

John Malkovich: «Si vive senza capire granché. Quando si afferra il senso della vita è tempo di morire»

Sette, settimanale del Corriere della Sera, intervista John Malkovich. A dicembre compie 70 anni. Non ha mai vinto un Oscar e conta solo due nomination su 130 titoli della sua carriera (come attore non protagonista di Nel centro del mirino e Le stagioni del cuore).

«Meglio così, non avrei mai saputo fare un discorso. E poi non sono questi i riconoscimenti che cerco, per quanto gratificanti, né mi interessa essere ricordato da gente che non conosco. Il più grande premio, per me, è stato fare la vita che sognavo e che ancora sto facendo».

Malkovic ha appena presentato alla Berlinale, fuori concorso, “Seneca – On the Creation of Earthquakes” di Robert Schwentke, un’opera che racconta la morte del filosofo ordinata da Nerone, di cui era stato tutore e consigliere. Nel film, Seneca sembra riflettere sul ruolo degli intellettuali di ieri e di oggi. Secondo il regista, parlano tanto di ciò che è giusto o sbagliato ma non hanno il coraggio di agire, di fermare le violenze dei prepotenti. Malkovich commenta:

«Di sicuro Seneca parla così tanto da diventare insopportabile! È una figura ambigua, non si capisce se voglia moderare gli eccessi di Nerone o assecondarlo con lo scopo di arricchirsi. Ed è una metafora. Credo anch’io che molti intellettuali siano stati così nella storia, soprattutto in America che non è certo un paese per pensatori, anzi: è il luogo dove godono di minor fiducia in assoluto. O forse è così in ogni parte del mondo».

Continua:

«Oggi sono pochissimi a considerare filosofi e intellettuali come guide spirituali. Tutti guardano piuttosto a Tik-Tok»

Tempo fa Malkovich si è dichiarato apolitico.

«Non ho mai avuto un’ideologia e la politica non mi interessa. Sono consapevole che la vita, in senso lato, sia
inevitabilmente “corruzione”, proprio come dimostra Seneca, che è convinto di moderare i peggiori istinti di Nerone ma non ci riesce. Ognuno di noi fa compromessi ed è anche un bene che sia così, perché gli assoluti morali non reggono, i puri non esistono. Qualcuno dice cinicamente che, quando afferri il senso della vita è ora di morire e quindi vivi senza capire granché».

Nella sua carriera c’è di tutto, dai film indipendenti a titoli hollywoodiani. Cosa rappresenta Hollywood per lei? Malkovich:

«A dire la verità non so più cosa sia oggi, se esista ancora. So solo che la vita mi ha portato altrove e sono felice di
aver incontrato artisti bravissimi».

Le hanno affidato spesso personaggi cinici, freddi, spesso dei seduttori. Si è mai specchiato in uomini così?

«Direi proprio di no, se non per la vanità. A volte la mia timidezza viene scambiata per freddezza. Non sono né un seduttore né un intellettuale. Semmai un pagliaccio: mi piace divertirmi e divertire. Nella vita mi rimprovero di essere un po’ infantile. E pigro, avrei potuto darmi da fare molto di più».

Ha iniziato con il teatro: anche quello è cambiato nei decenni?

«È cambiato soprattutto il mio modo di vedere la recitazione. Il teatro è come il surf: verso sera prendi la tua tavola, ci monti sopra e aspetti l’onda. Da giovane però pensavo di essere io, l’onda. Ora non più, penso che noi attori la cavalchiamo e basta: l’onda è la collisione tra il racconto e il pubblico. L’ho capito verso i 50 anni».

Viaggiare fa parte dei vantaggi del mestiere? Malkovich:

«È raro che una location aggiunga qualcosa di magico alla lavorazione di un film ma è piacevole ogni tanto guardarsi intorno. Le riprese di Seneca erano nel deserto del Marocco, tra vento, polvere e freddo però ho potuto andare un paio di giorni a Essaouira, che non conoscevo. Ho viaggiato in tutto il mondo, dalla Cina alla Thailandia, dal Sud America all’Europa. Ho un debole per Vienna ma ogni posto è interessante e la mia è una vita nomade».

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