“Puoi andare via prima solo se sei in travaglio o ti si sta bruciando casa. Essere tifosi significa avere speranza anche quando non c’è alcuna speranza”

El Paìs stamattina se la prende con gli “abandonadores”. Gli abbandonatori, letteralmente. Quella categoria di tifosi che lasciano lo stadio prima che la partita sia finita. Lucìa Taboada proprio non li sopporta. Non si fa, scrive l’editorialista: non alcun senso. E’ un articolo ironico, che ci sta bene mentre siamo costretti a parlare di “sciopero del tifo” a Napoli, nelle condizioni in cui è il Napoli quest’anno. Per fortuna a Taboada non l’hanno ancora detto.
“Uso il verbo abbandonare – invece di lasciare – consapevolmente perché quello che succede quando un tifoso esce al minuto 89 è un vero e proprio abbandono”, scrive.
“Ci sarà chi pensa che sia la tua squadra ad averti precedentemente abbandonato, giocando una partita atroce. Ci saranno quelli che credono che se stai passando una giornata infelice a causa della tua squadra, non ha senso prolungarla. Ci sarà chi capirà e condividerà anche il desiderio di porre fine alla tortura, tornare a casa il prima possibile e farsi una doccia che cancellerà l’infelicità“. Ma uscire dallo stadio prima della fine “è come uscire di chiesa prima che la coppia dica di sì, come lasciare un libro per sempre alla penultima pagina, come spegnere la televisione con la scatola di Seven ancora chiusa, uscire dalla stanza senza scoprire se Francesca scenderà o meno dall’auto ai Ponti di Madison, se Jack salirà sulla zattera di Rose, se Charlton Heston riuscirà mai a capire cosa fosse quel Pianeta delle Scimmie. È come camminare nella direzione opposta alla Statua della Libertà semisepolta nella sabbia sulla spiaggia“.
Certo “ci sono motivi accettabili per lasciare lo stadio prima del fischio finale: essere in travaglio o il tuo partner è in travaglio, qualche grave emergenza medica, la tua casa è in fiamme o tuo figlio si sta laureando (qui forse si può arrivare a negoziare). La peggiore scusa possibile è andersene presto per non finire imbottigliati nel traffico”.
La giornalista fa qualcuno dei mille esempi di partite cambiate in pieno recupero. Ma non è tanto quello. “Molto probabilmente resisterai fino alla fine della partita e la tua squadra firmerà un’altra sconfitta e basta. Perché raramente ci sono fuochi d’artificio alla fine del festival. Così ti ci vorranno pochi minuti per uscire dallo stadio, in quel corteo di spiriti morti che continua per le vie circostanti, soppesando l’opportunità di passare al cricket. Ma essere tifosi significa anche questo: rimanere creduloni anche quando (soprattutto quando) ogni speranza è persa“.
Se al Paìs sapessero dello sciopero del tifo napoletano…