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Lotito: «Quando il Napoli fallì dopo aver sperperato soldi dei contribuenti, lo Stato non incassò nulla»

Per difendere il decreto salva Serie A il patron della Lazio chiama in causa anche la Fiorentina. E su Renzi: «State attenti a posizioni strumentali per interessi di squadre e città».

Lotito: «Quando il Napoli fallì dopo aver sperperato soldi dei contribuenti, lo Stato non incassò nulla»
Auronzo di Cadore (Bl) 17/07/2022 - amichevole / Lazio-Triestina / foto Image Sport nella foto: Claudio Lotito

Ieri il presidente della Lazio, Claudio Lotito, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa toccando i temi dell’inchiesta Juventus e del decreto salva calcio. Oggi La Stampa mette in ordine le sue parole, soprattutto in merito al decreto salva Serie A.

«I precedenti governi e tutte le forze politiche – tutte! – avevano responsabilmente – responsabilmente! – sospeso
i versamenti, in attesa di rateizzarli. Ora lo Stato chiede i soldi tutti insieme? Allora tanto valeva pagare prima.
Cosa cambiano tre mesi?».

Lotito insiste sul fatto che lo sport «è l’unica categoria merceologica che non ha ricevuto nemmeno un ristoro, a parte i rimborsi sui tamponi, capirai…». E quando gli fanno notare che i club di Serie A hanno continuato a spendere e a fare debiti anche nella pandemia, risponde:

«Uno s’è fatto i conti sulla cassa e poi cambiano le norme. Allora vediamo come sono stati gestiti i cinema».

Lotito rivendica la differenza tra il calcio e le aziende comuni, che, se non pagano le tasse, possono rateizzare il debito pagando sanzioni e interessi. Cosa che il calcio non intende fare.

«Ma è diverso! Il mondo sportivo non ha pagato perché lo prevedeva una legge dello Stato. Non è inadempiente. È lo Stato che lo fa diventare inadempiente. È una situazione giuridica diversa».

Risponde anche a Renzi, che ieri ha definito “una vergogna” la possibilità che il governo salvi il calcio.

«Renzi? Non esprimo giudizi. Ma voi state attenti a posizioni strumentali per interessi di squadre e città».

Lotito si fa scudo dietro la firma del capogruppo del Pd sull’emendamento in questione.

«Non c’è la mia firma su quell’emendamento, c’è la firma anche del capogruppo del Pd».

Ma è Lotito l’ispiratore, gli fanno notare. E lui risponde:

«Significherebbe che i firmatari, più preparati di me, non hanno capacità autonoma. Io ci metto solo buon senso e
argomenti razionali. Del resto penso di averlo dimostrato con iniziative economiche rimaste nella storia».

Tipo la famosa rateizzazione dei debiti fiscali in 23 anni, grazie a cui comprò la Lazio.

«Debiti fatti da altri. Io pago ogni anno in anticipo la rata da 6 milioni. S’informi».

È giusto aggiungere debiti a debiti, rate a rate? Lotito risponde:

«Noi facciamo gli interessi dello Stato. Viceversa, se una società fallisce, sfumano sia i crediti pregressi, sia quelli futuri. Quando sono fallite Napoli e, tanto per fare un nome, Fiorentina, dopo aver sperperato soldi dei contribuenti, lo Stato non ha incassato nulla. Riflettete».

A Lotito viene fatto notare che è in conflitto di interessi. Risponde:

«Mica di mestiere faccio il presidente della Lazio!».

E aggiunge:

«Anche Moratti faceva l’imprenditore e anche il presidente dell’Inter».

Ma Moratti non era senatore.

«Allora solo i disoccupati dovrebbero far politica. Anzi nemmeno, su certi temi pure loro hanno interessi».

Continua:

«Io faccio discorsi tecnico-giuridici, moralmente ineccepibili e nell’interesse generale. O mi devo cancellare da cittadino italiano?».

La Lazio beneficerebbe della norma? Lotito risponde:

«Che c’entra? Non è una norma ad personam o, come si dice, Cicero pro domo sua. Le strumentalizzazioni non pagano, è questione di tempo. Glielo dice uno dei pochi che dice sempre la verità».

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