A La Stampa: «È presto per paragonare Sinner e Alcaraz a me e Federer. Devono vincere ancora tanto. E non è giusto mettere loro pressione già da ora».
La Stampa intervista Rafa Nadal. Il tennista spagnolo è per la prima volta alle Finals di Torino. Gli viene chiesto quanto ci tiene a vincerle.
«Le Finals sono sicuramente un torneo importante, che per ora non ho avuto la possibilità di vincere. È la mia prima volta a Torino, il desiderio è grande, e sarebbe bello riuscirci in una situazione nuova. Ma sono abituato a pensare un giorno per l’altro, con la speranza di chiudere l’anno con buone sensazioni».
Ha ancora la chance di finire il 2022 da numero 1: a 36 anni e mezzo sarebbe un altro record.
«Voglio essere chiaro: non lotto più per il numero 1. L’ho fatto nel passato, sono riuscito ad arrivarci alcune volte e ne sono molto, molto orgoglioso. In questo periodo della mia carriera non punto però al numero 1, piuttosto a restare competitivo ad alto livello».
Sinner e Alcaraz diventeranno come Nadal e Federer?
«Sono due grandi tennisti, ma è presto per paragonarli a me e Federer. Le premesse sono buone, ma devono vincere ancora tanto. E non è giusto mettere loro pressione già da adesso».
C’è chi sostiene che il suo futuro è da presidente del Real Madrid.
«Difficile. Sono un grande appassionato di calcio, ma non so se possiedo le capacità per fare il presidente, o se avrò l’opportunità o la voglia di provarci».
Che cosa si aspetta dal 2023, nel tennis e nella vita?
«Voglio continuare a giocare a tennis. Non so quanto durerà il sogno che è la mia carriera. Il 2022 è stato un anno buono ed emozionante, con grandi risultati, a livello personale difficile ma molto bello alla fine. Non so leggere nel futuro. Il piano è sempre lo stesso: essere felice, sentirmi realizzato quando gioco a tennis. Almeno fino a quando la fatica e il dolore fisico non supereranno la gioia e l’emozione di scendere in campo».
Con lei e Alcaraz in cima al ranking, la Spagna è sempre più caput tennis. Come lo spiega?
«Credo sia una questione di esperienza, conoscenza e passione per lo sport. Ci sono Paesi con molto più potenziale economico del nostro, che organizzano uno Slam o un Masters 1000. L’Italia ha Roma, può investire in propaganda, ed ecco che nascono Berrettini, Sinner, Musetti. Lo stesso vale per il Canada con Auger-Aliassime e Shapovalov. Il denaro è importante per crescere i giovani, ma non è tutto. Per questo alla Spagna va riconosciuto un merito speciale».
Berrettini, Musetti e Sinner: vinceranno uno Slam? Nadal risponde:
«Sinner è stato a un punto dal farcela: il matchpoint con Alcaraz nei quarti degli Us Open. Se ci fosse riuscito, sono convinto che il favorito sarebbe stato lui. Ma lo sport è fatto così. Matteo purtroppo ha sofferto molti infortuni, Musetti ha fatto un passo avanti importante nella seconda parte della stagione. Credo che uno di loro vincerà uno Slam, ma non so se sarà l’anno prossimo».
Musetti gioca il rovescio a una mano: un vantaggio o uno svantaggio?
«Non credo sia uno svantaggio: non lo è stato per Federer e Wawrinka. Per vincere gli Slam bisogna essere molto forti, sia se giochi a una mano sia se giochi a due».
Federer ha promesso che rimarrà nel tennis. Vale anche per Nadal?
«Il mio futuro sarà sicuramente dentro lo sport. Ci sono altre cose nella mia vita, ma io amo lo sport. Ho una
accademia di tennis importante, che sta crescendo, e altri motivi per rimanere nell’ambiente».
Anche come coach?
«Non dico di no, ma per il momento sono ancora un tennista. Ora ho un figlio, ed è un cambiamento importante, devo capire come influirà sulla mia vita privata e professionale. Quando smetterò, sarà un altro cambiamento. Vedremo quali saranno le mie ambizioni e le mie motivazioni».
Come va con i pannolini, li cambia lei a Rafa junior?
«I pannolini li cambio, come no. E se dormo poco non importa, perché sono felice. La vita è fatta di cambiamenti,
la cosa importante è sapersi adattare».