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Gattuso: «Tifo sempre Ancelotti, come si può non farlo? È un maestro, sarà bello incontrarlo in Liga»

Il Corsera scomoda Veltroni per un’intervista inutile, un tripudio d’ipocrisia per ribadire che non è razzista, misogino né omofobo. Nemmeno una domanda su Mendes

Gattuso: «Tifo sempre Ancelotti, come si può non farlo? È un maestro, sarà bello incontrarlo in Liga»
Photo (Carlo Hermann/Kontrolab)

Il giornalismo italiano non sa più cosa inventarsi pur di difendere Rino Gattuso. Oggi il Corriere della Sera scomoda Walter Veltroni per intervistare il nuovo allenatore del Valencia. Un’intervista che definire inutile è un complimento. Un concentrato di ipocrisia per accreditare ancora una volta l’immagine dell’uomo che si è fatto da sé, che non è razzista, né omofobo, né misogino. Ficcante il titolo: «La mia è una famiglia di emigranti Come potrei io essere razzista?». Un po’ come quelli che “ho tanti amici gay”.

L’intervista più piatta che Veltroni abbia mai scritto, vogliamo considerare lo scialbo contenuto come una forma di protesta dell’ex segretario del Pds. Ovviamente nemmeno una domanda su Mendes (a Valencia e non solo è considerato il suo uomo) né sul fatto che tutte le accuse nei suoi confronti pesano all’estero mentre in Italia continua a essere considerato un eroe dei nostri giorni. A un certo punto, in questo tripudio di ipocrisia, Gattuso batte ogni record quando si produce nell’elogio di Ancelotti che non esitò ad attaccare appena arrivò a Napoli con squallide illazioni sulla condizione fisica della squadra.

Oggi un allenatore deve entrare nell’anima dei giocatori, non solo nella loro testa».

Come sa fare Ancelotti, il nostro Special Uno.

«Io tifo sempre per Carlo. Come si può non farlo? Ho vinto undici trofei con lui. È un maestro. Riesce a gestire ogni gruppo. Ci riusciva trent’anni fa e ci riesce ora, come ha dimostrato al Real Madrid. Sarà bello incontrarlo in campo, nella Liga».

Fa finta di non voler dire a quanti soldi ha rinunciato al Milan, poi ovviamente lo dice:

«Cinque milioni e mezzo netti. Una parte è andata a pagare lo staff che altrimenti, con la mia uscita, sarebbe rimasto a piedi e non era giusto. Ma non mi è pesato più di tanto. Il Milan, da giocatore e da allenatore, mi ha trasformato la vita.

Dice si vergogna della testata a Jordan.

«E infatti ho sbagliato e me ne vergogno. Quello è qualcosa che ho fatto. È stato un ingiustificabile errore. Certo, potrei dire che sono co se di campo. Succedono, purtroppo. Ma invece me ne vergogno. Ho un figlio di quattordici anni, lei crede che io non mi vergogni davanti a lui per quella follia, quando me ne chiede giustamente conto?»

Parla della sua malattia, e cita anche il Napoli:

«Non comporta alcuna limitazione al mio lavoro. Non ho nessun impedimento, tanto è vero che ho sempre allenato. E non male. Anche a Napoli, dove ho allenato grandi giocatori in una grande società».

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