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Salemme: «La più bella borghesia è quella milanese, è illuminata. A Napoli è feudale»

Al Corsera: «Alle Feste dell’Unità, dovevo spacciare per freschi i calamari surgelati. Mi opponevo e mi dicevano: “se dici la verità, nessuno se lo compra”»

Salemme: «La più bella borghesia è quella milanese, è illuminata. A Napoli è feudale»

Il Corriere della Sera intervista Vincenzo Salemme, eccone un breve estratto:

Eduardo com’era?

«Ho recitato in tre sue commedie in tv. Malgrado l’austerità e l’aspetto severo, era un uomo semplice. Nelle pause mi fulminava. Io restavo lì per vedere se mi diceva qualcosa. Voi lo sapete, mi diceva, perché mi viene a vedere tutta questa gente? Aspettano che io muoia. Così possono raccontare: l’ho visto morire. Il teatro è quello, è l’attimo in cui arriva, non è né prima né dopo».

Nel suo spettacolo prende di petto i luoghi comuni su Napoli, la pizza, il caffè che deve essere bollente, gli scippi…

«C’è anche un luogo comune che mi riguarda Quando mi presentano in tv dicono: attore comico napoletano. Ma non lo dicono di un milanese. Del napoletano, invece, sì».

A Napoli vendeva pesce alle Feste dell’Unità.

«Da ragazzo dovevo spacciare per freschi i calamari surgelati, a mille lire. Io dissentivo. Mi veniva risposto da un dirigente del partito: che t’importa, è un prezzo politico… Obiettai: ma noi siamo la verità. E lui: se gli dici la verità, il pesce non se lo comprano più. Qualche riflessione sulla sinistra andrebbe fatta».

Lei recita per la borghesia, a cui appartiene.

«No, io mi considero piccolo borghese. La più bella borghesia è quella milanese: illuminata. A Napoli è feudale, più materiale; a Roma c’è la pancia della borghesia».

Cos’è Napoli per lei?

«È Francia, Spagna, Grecia; è nobiltà barbona, ricchezza polverosa, astuzia senza luce; è una cacofonia armoniosa di suoni e di voci di paura. Napoli è tanta roba, la perdo di giorno e la ritrovo in sogno».

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