ilNapolista

Lentini: «Van Basten era il più grande di tutti, anche di Maradona»

Ad Avvenire: «Fosse stato per me non sarei mai andato al Milan, non ho mai amato quelli che cambiano maglia per soldi, come Donnarumma».

Lentini: «Van Basten era il più grande di tutti, anche di Maradona»

Avvenire intervista Gigi Lentini, ex storico del Toro che ha giocato anche con Milan e Atalanta. Ha 53 anni, ha appena preso il patentino d’allenatore di seconda categoria.

«Vado poco allo stadio, Toro o Milan qualche volta, per il resto preferisco le partite in tv. Ho cambiato vita, l’ho fatto spesso nel corso degli anni in cui ho imparato a dire che potrei fare tutto, ma anche niente».

Parla dei giocatori di un tempo, definisce Van Basten «il più grande di tutti, anche di Maradona». E dice di rivedersi in Leao, del Milan.

«Sì, lui con quella progressione e quella voglia di mangiarsi tutta la fascia è un po’ un Lentini del terzo millennio. Molto forte, mi piace».

Di Lentini, quando giocava nel Toro, si mettevano in evidenza soprattutto le intemperanze.

«Mi paparazzavano con una ragazza, pubblicavano la foto ed ecco confezionata la leggenda del Lentini “re delle notti brave”. Posso assicurare invece che sono stato un professionista serio, il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andare via, chi ha giocato con me può testimoniare. Quelli del Toro sicuramente possono confermare che il Lentini della stagione 1991-’92 era una forza della natura: lo ricordano ancora anche i tifosi del Real Madrid. Quella semifinale di Torino, 2-0 al Real rimane la partita perfetta, la più grande emozione della mia vita calcistica. Poi ci giocammo la finale di Coppa Uefa con l’Ajax. Meritavamo di vincerla quella Coppa, l’abbiamo persa malamente, 2-2 all’andata e poi ad Amsterdam tanta sfortuna e finì 0-0. Quel tiro al 90’ di Sordo… la traversa balla ancora».

Commenta quando Mondonico, per la rabbia, lanciò per aria la sedia della panchina.

«Un momento storico la rabbia del “Mondo”. Se ci ripenso mi viene il magone. Quella notte ad Amsterdam rimane il più grande rimpianto di una carriera in cui sono arrivato all’apice e poi ho avuto i miei incidenti di percorso a frenarmi e rovinare tutto».

Nell’estate del 1992 Silvio Berlusconi riuscì a portarlo al Milan per 60 miliardi delle vecchie lire, 4 volte di più di quanto spese il Napoli per Maradona.

«Lo sanno tutti che se fosse stato per me non sarei mai andato al Milan. Bastava solo che il Torino di allora avesse avuto una società un po’ più solida e ambiziosa che sarei rimasto a vita, come ha fatto Totti alla Roma. Anche perché io non ho mai amato quelli che cambiano maglia per qualche dollaro in più… Tipo Donnarumma. Ma come si fa a lasciare il Milan con lo stipendio che aveva? E poi per andare dove, al Psg?».

Continua:

«Con l’esperienza e la maturità di oggi dico che avrei potuto fare molto di più e meglio. Il Milan mi ha permesso di vincere e di togliermi tante soddisfazioni, ma purtroppo quell’incidente d’auto dell’agosto del ’93 ha cambiato il mio destino. La ripresa è stata dura e difficile. Non ero più quel giocatore d’alto livello che avevano preso dal Toro».

Aggiunge:

«L’incidente mi ha tagliato le ali e ho rischiato di chiudere anticipatamente con il calcio».

Dopo il Milan ci fu l’Atalanta, dove ritrovò Emiliano Mondonico.

«Il “Mondo” mi telefonò dicendomi: «Gigi, vuoi continuare a fare vacanza o torni a giocare con me?». Con lui all’Atalanta tornai ai miei livelli. Mondonico per me è stato un padre per gli insegnamenti e un fratello maggiore per la libertà che mi concedeva di esprimermi. Potevo anche mandarlo a quel paese, poi finiva lì e ci volevamo più bene di prima. È stato l’allenatore che ha saputo sfruttare al massimo le mie caratteristiche. Mi dispiace solo non avergli regalato quella Coppa Uefa, sarebbe stata la nostra vittoria della vita».

ilnapolista © riproduzione riservata