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Weah sulla testata a Jorge Costa: «Volevo che si ricordasse di me ogni volta che si guardava allo specchio»

A Calciomercato.com: «Sbagliai, lo so. Per tutta la partita (Porto-Milan, 1996) mi ha insultato facendomi il verso della scimmia»

Weah sulla testata a Jorge Costa: «Volevo che si ricordasse di me ogni volta che si guardava allo specchio»
Gc Milano 13/03/2011 - campionato di calcio serie A / Milan-Bari / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: George Weah

Weah torna a parlare di calcio. Di «calcio e politica, Italia e Liberia, presente e futuro, poco passato». Di razzismo e di Liberia parla rigorosamente in inglese. L’intervista completa la rilascia a Calciomercato.com. Qui alcune delle sue parole.

«Il calcio mi piace. È stata la mia vita e grazie a Bein Sports che trasmette anche in Liberia posso vedere dal satellite tutte le partite importanti. Questa settimana ho visto la Champions League e sono rimasto impressionato da Real Madrid-Chelsea, uno spettacolo molto emozionante»

Su Ibrahimovic, che gioca nel suo Milan.

«Ibra è una leggenda, ha passione, se l’allenatore gli dà fiducia fa bene a continuare. Del resto io ho giocato con Pietro Vierchowod, che è stato in campo oltre i 40 anni e anche Paolo Maldini è arrivato a quell’età. È possibile, se ci sono l’entusiasmo e la salute. E vogliamo parlare di Buffon, lui gioca ancora, no? Quanti anni ha? Lui potrebbe arrivare a 50!»

Il razzismo.

«Lo so, purtroppo il razzismo è ancora negli stadi, perché è ancora nella vostra società. L’africano, il nero, il diverso è visto in Europa ancora con diffidenza da troppa gente e i politici spesso coltivano questa diffidenza. Cosa ricordo di Porto-Milan? Un avversario cattivo e ignorante che per tutta la partita mi ha insultato facendomi il verso della scimmia. Lo vedevano i miei e i suoi compagni, penso anche l’arbitro, che però non fece nulla. Alla fine, nel tunnel degli spogliatoi, gli diedi una testata. Sbagliai, lo so. Ma in quel momento volevo che dal giorno dopo, ogni volta che si guardava allo specchio si ricordasse di me».

Il Weah politico.

«La mia gente mi vuole bene, continua ad amarmi e a credere in me, perché vede che i risultati della mia presidenza stanno arrivando. In questi tre anni, nonostante la pandemia da coronavirus la nostra economia è cresciuta, la disoccupazione è calata, abbiamo costruito infrastrutture e consolidato la pace, che è la base su cui costruire il progresso di un popolo. Proprio questa settimana abbiamo presentato in parlamento una legge anticorruzione che servirà a estirpare uno dei mali cronici della Liberia, anche se in realtà la corruzione è uno dei mali del mondo, anche di quello occidentale. Perché dietro la corruzione ci sono soldi rubati al popolo».

Il Covid.
«Circa il 50% dei liberiani ha concluso il ciclo vaccinale. Abbiamo spinto la popolazione a farlo, anche se da noi i vaccini sono arrivati in ritardo rispetto all’Europa, però li abbiamo gestiti bene. Fortunatamente la pandemia mi ha colpito in modo meno grave che in Europa e in Asia e siamo riusciti a reggere, grazie anche alla collaborazione della popolazione».

A novembre Timothy, il figlio di Weah, sarà il primo Weah a giocare la Coppa del Mondo di calcio, con gli Stati Uniti.

«Prego perché ciò accada, sarebbe fantastico. Timothy è forte, non posso dire quanto, perché in questi anni è stato un po’ condizionato dagli infortuni, non si è ancora espresso al massimo del suo potenziale. Io e la mamma e i suoi fratelli siamo felici per la sua carriera e orgogliosi che possa giocare un Mondiale. Io ci sono solo andato vicino, nel 2002, ma abbiamo perso all’ultima partita di qualificazione. Sarei contento se un giorno giocasse nel Milan.

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