“Parlò di tutto: Al Bano e Romina, Amalia Rodriguez, il Festival di Sanremo, il fado portoghese. Mourinho parlò di tutto questo, Toto ascoltava divertito, catturato, neppure gli venne in mente di citare la sua “Italiano vero”, canzone per la quale a Mosca e dintorni impazzivano ancora, prima di impazzire davvero e per ragioni drammatiche. È li che forse nacque quell’immagine dell’italiano Vero nato in Portogallo”.
A Roma Mourinho sta esprimendo tutta la sua italianità. Tre gli elementi che Timossi cita a riprova. Il primo: Mourinho “è stato dato per bollito decine di volte”.
“quando vinci molto e lo fai anche con spocchia, arrivano solo pubblici elogi. Quando vinci meno te la fanno pagare. Questo è molto italiano: servili con i potenti, carogne con i deboli”.
Il secondo punto riporta al volo con Toto Cutugno. Mou sa parlare di tutto, come fece con Toto.
“è curioso, come lo sono gli italiani. Conosce la storia, come dovrebbero fare tutti, soprattutto gli antenati dell’antica civiltà romana. È per questo che, alla vigilia della partita con il Napoli, l’allenatore della Roma è andato in visita nei Quartieri Spagnoli e si è fermato a rendere omaggio al murales di Diego Armando Maradona. Per ricordare, davanti a un sepolcro laico, una grande storia, non solo calcistica”.
Il terzo elemento di italianità è la cultura dell’oblio: se serve è meglio dimenticare.
“Mou attaccava ogni giorno il suo rivale juventino Claudio Ranieri, martellandolo per una scarsa propensione alla lingua inglese. Mou è stato il primo a complimentarsi con Ranieri quando l’allenatore romano ha conquistato la Premier League con il Leicester”.