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Piperno: «La Lazio è diventata fatica e malinconia, una squadra disperata, a cui non riesci a volere bene»

Lo scrittore al Messaggero: «Lotito ha tanti demeriti, ma anche meriti. La gestione però sta diventando al ribasso. Il mercato della Lazio è un’esperienza esasperante»

Piperno: «La Lazio è diventata fatica e malinconia, una squadra disperata, a cui non riesci a volere bene»
Roma 06/01/2022 - campionato di calcio serie A / Lazio-Empoli / foto Image Sport nella foto: Luis Alberto

Il Messaggero intervista Alessandro Piperno, scrittore, docente universitario e critico letterario tifoso della Lazio
da sempre, abbonato per 35 anni.

«La Lazio è diventata fatica, e melanconia. Come già l’ultima di Inzaghi, è stata una stagione triste, nonostante l’entusiasmo iniziale suscitato da Sarri, e qualche buona partita. Ma il tifo è una passione, si nutre di speranze e aspettative. Per tifare bisogna poter sperare: ebbene, la Lazio mi sembra una squadra disperata, che non propone sogni. Nel tifoso c’è la convinzione che il futuro sarà per forza peggiore. Che le altre rivali, quelle al nostro livello e quello un po’ meno, abbiano margini di miglioramento a noi negati. E’ una Lazio buona, per carità, cento volte meglio di quella della mia infanzia: eppure non promette niente».

Sui giocatori:

«C’è un paradosso: sono tutti bravi ragazzi, eppure è una squadra a cui non riesci a voler bene».

Piperno commenta la politica dei biglietti del club e la polemica degli ultras.

«Ho 35 anni di abbonamento alle spalle. Stavolta non abbiamo potuto abbonarci, mentre quelli della Roma sì, e non ho capito perché. Così sono andato allo stadio meno volte. Devi fare il biglietto, poi sai che non troverai lo stesso posto a sedere: magari sono piccole cose, ma incidono. Col Milan non andrò perché ho un impegno di lavoro, ma avessi potuto sarei andato, nonostante i prezzi troppo alti: ma solo perché appartengo a quella parte di umanità privilegiata che può permetterselo».

Su Sarri:

«Era la nostra unica garanzia, è l’allenatore più importante portato da Lotito. Ma non si è rivelato una certezza».

E’ possibile che dopo 18 anni la presidenza Lotito mostri qualche stanchezza?

«Preferirei non essere coinvolto nelle polemiche su Lotito, ce ne sono già tante. Ha tanti demeriti, certo, ma anche tanti meriti e non bisogna dimenticarlo. Ci sono state grande intuizioni, come Milinkovic-Savic che nessuno conosceva, come Luis Alberto che sembrava perso, Leiva, Immobile. Lo stesso Zaccagni mi pare ottimo, anche se ora è in calo. Ma senz’altro la gestione sta diventando melanconica, al ribasso. Come se nessuno sperasse di poter ottenere più di quanto fatto finora».

Nessuna speranza sul calciomercato:

«L’idea stessa del calciomercato, a suo modo, è una forma di poesia: investi su dei sogni. Ma il mercato della Lazio è diventata un’esperienza esasperante. E’ tutto enormemente faticoso, fino all’ultimo giorno. Spesso spuntano retroscena grotteschi, e le trattative saltano. Oppure arriva gente come Cabral, o certi parametri zero del passato. Tutto, sempre, in salita».

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