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Laporte: «La gente crede che il calcio sia la Playstation, gli ex calciatori criticano per farsi notare»

Lo spagnolo del City al Guardian: “La gente vuole sempre di più, la società lo impone. Per giocare come ci chiede Guardiola, ci vogliono le palle”

Laporte: «La gente crede che il calcio sia la Playstation, gli ex calciatori criticano per farsi notare»
Mg Londra (Inghilterra) 06/07/2021 - Euro 2020 / Italia-Spagna / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Aymeric Laporte-Nicolo' Barella

Provateci voi. Non avete idea, di com’è il calcio, lì in mezzo al campo. Di quanto sia veloce, di quanto sia facile sbagliare. Ormai anche gli ex giocatori fanno finta di averlo dimenticato. La società vuole un calcio da Fifa, il videogioco. Ma la realtà è un’altra. E la racconta, in questi termini, Aymeric Laporte in una bella intervista al Guardian. Il giocatore del City si lancia in una difesa quasi politica del Guardiolismo, ma soprattutto in una critica della percezione sociale del calcio.

“Il calcio che giochiamo al City – dice – nessun altro lo gioca al mondo. Siamo un esempio di come giocare un bel calcio, per essere superiori in tutti i campi“. L’approccio del City, condiviso dalla Spagna, non è né improvvisato né puritano. Né, dice, il suo successo è spiegato esclusivamente dall’economia. E se l’approccio porta a rischiare lui preferisce così:

“Non dobbiamo cambiare il nostro stile per alcuna ragione al mondo. Per tutto ciò che un’altra squadra arriva e fa abbiamo una strategia ponderata. Le persone non lo apprezzano. Certo con la costruzione da dietro abbiamo sempre più responsabilità. Voler giocare così tanto può funzionare molto bene o molto male. Le probabilità sono contro di te e se perdiamo la palla lì può costare un gol. Ci vogliono le palle per farlo, e non aver paura di sbagliare. Ti esponi ma è quello che ci chiede Pep e non è andata proprio male finora. La gente parla ma è quello che ci viene chiesto. Mi piace osare. Il City ha subito il minor numero di gol. Anche se possiamo commettere errori, non penso che sia così grave come dicono le persone”.

Il problema è la società, in genere.

“Abbiamo giocato tante finali, vinto tanti trofei, raccolto tanti punti: 100, 98… è incredibile. Ma la gente vuole sempre di più. Sembra pensare che l’altra parte non stia giocando. Solo una squadra può vincere. Guarda, mi piace giocare in questo modo; il problema non è lo stile; il problema è che la società ti incolpa, fondamentalmente”.

Comincio a rendermi conto che anche gli ex calciatori non capiscono: non capiscono nemmeno loro. Nelle ultime settimane ho visto cose… non riesco a spiegare come possano rispondere in quel modo. Forse è la società che ti porta a un punto in cui hai bisogno di essere notato, e tiri fuori la spazzatura”.

La gente pensa che i calciatori dovrebbero essere come su Fifa, il gioco: che il passaggio vada lì da solo, che i giocatori e la palla si muovano così, che abbiamo tempo per pensare. Finché non sei stato là fuori, non ti rendi conto di quanto sia veloce. Pensi che noi giocatori vogliamo sbagliare? Pensi davvero di prendere un rigore e di volerlo sbagliare?”.

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