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L’emergenza ha spinto Spalletti a cambiare il Napoli

È stata una scelta strategica quella di farsi attaccare dall’Atalanta. Il tecnico dovrà essere coraggioso anche nelle sette partite che rimangono

L’emergenza ha spinto Spalletti a cambiare il Napoli
Mg Bergamo 03/04/2022 - campionato calcio serie A / Atalanta-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Jose' Luis Palomino-Nunes Jesus Juan Guilherme

Fare possesso, senza esasperazioni

Alla vigilia del match in casa dell’Atalanta, Luciano Spalletti non aveva moltissime alternative. Le assenze di Di Lorenzo, Rrahmani e soprattutto Osimhen “chiamavano” l’utilizzo di Zanoli, Juan Jesus e Mertens, quindi un’inevitabile riscrittura del suo Napoli, soprattutto in fase di costruzione. La mancanza della verticalità garantita da Osimhen ha effettivamente cambiato il codice di gioco della squadra azzurra, ma non in maniera esagerata. E cioè: il Napoli di Mertens, di Lobotka, di Mário Rui, di Zielinski e Insigne è stato una squadra di possesso, ma non ha esasperato questa tendenza. Anzi, ha usato lo strumento del palleggio e della tecnica in maniera intelligente. Per far male all’Atalanta, per sfruttare ciò che non funziona – o meglio: non può funzionare – nel sistema di Gasperini.

Sei uomini dell’Atalanta pressano fino all’altezza dell’area di rigore avversaria

Eccolo il gioco dell’Atalanta. L’abbiamo visto fin dai primissimi minuti, come si vede da questo screen. E poi lo conosciamo da anni: marcature a uomo, pressing asfissiante, ricerca ossessiva dell’anticipo. Per condensare il tutto in un solo concetto, potremmo dire che la squadra di Gasperini punta al restringimento estremo di tempi e spazi di possesso per gli avversari. Gli allenatori che affrontano l’Atalanta dicono che la squadra bergamasca «ti gioca addosso», ed è una definizione perfetta.

Detto questo, però, c’è anche un lato oscuro: il restringimento estremo di tempi e spazi di possesso, quindi del campo da gioco – laddove c’è da recuperare il pallone, laddove ci sono da aggredire gli avversari – scopre inevitabilmente altre porzioni di campo. Il calcio, del resto, è un gioco di equilibri. Se vuoi intensità estrema in fase di non possesso, devi rinunciare a qualcosa. Nel caso dell’Atalanta, si tratta della copertura di ampi spazi che si aprono, inevitabilmente, quando il pressing e le marcature a uomo vengono bypassati. Uno spazio come quello aggredito da Zanoli in occasione del rigore conquistato da Mertens e trasformato da Insigne:

Sembra tutto molto semplice, lo è solo apparentemente

In questa breve azione c’è il senso della costruzione dal basso. C’è il motivo per cui praticamente tutti gli allenatori si sono convertiti – chi più, chi meno – a questo culto tattico. L’Atalanta pressa in maniera furiosa su tutti i giocatori avversari, che però hanno la qualità necessaria e conoscono anche i meccanismi necessari per creare spazi. Cioè, per sfruttare a proprio vantaggio proprio l’aggressività degli avversari. E così Ospina finisce per farsi attaccare, l’Atalanta si alza tutto e in questo modo si libera la zona di centrocampo, laddove Mertens può ricevere il rilancio (preciso) del portiere colombiano.

A quel punto Zanoli può ricevere il pallone e avanzare liberamente. Il terzino del Napoli si prende tutto il campo che può, non può essere chiuso da Freuler perché intorno al centrocampista svizzero c’è troppo spazio da coprire; Zanoli taglia in maniera perfetta verso il centro, Mertens sfila alle spalle di Palomino (che non vede l’avversario e non scappa all’indietro, assecondando l’atteggiamento di difesa aggressiva della sua squadra) e a quel punto serve solo un passaggio preciso, ben dosato. Che, puntualmente, arriva.

È un’azione che nasce dal modo in cui Spalletti ha impostato la partita: il tecnico del Napoli ha evidentemente richiesto alla sua squadra di fare possesso quando possibile, sempre in maniera ricercata. Ma sempre con un fine, vale a dire attaccare l’Atalanta nei suoi punti deboli. Allo stesso tempo, però, non ha spinto solo in questa direzione, anzi in fase difensiva ha lasciato che fosse la squadra di Gasperini a gestire di più il pallone, rimanendo costantemente a protezione degli spazi. In questo modo, l’Atalanta ha potuto/dovuto giocare sempre in fazzoletti di campo piuttosto ristretti, ingolfati di avversari.

Ha dovuto tenere altissimo il baricentro, determinando poi le condizioni che hanno permesso al Napoli di essere pericoloso. Come abbiamo visto sopra in occasione del rigore procurato da Mertens e Zanoli, come è accaduto anche in occasione del secondo gol. Quando è stato Lobotka a prendersi lo spazio centrale con un break palla al piede.

In alto, i dati relativi al baricentro tenuto da Atalanta e Napoli nel primo tempo; sopra, invece, l’azione che ha portato alla punizione dello 0-2

Anche in questa azione il Napoli costruisce dal basso e Mertens fa un perfetto movimento a fisarmonica per “chiamare” fuori Palomino e aprire lo spazio davanti e dietro il centrocampo dell’Atalanta. Lobotka, esattamente come Zanoli, entra letteralmente tra i reparti di una squadra che normalmente assorbe questo sfilacciamento, questa ampia distanza tra i reparti. Solo che questa volta si è trovata ad affrontare un avversario concentrato, di qualità superiore nei singoli, perfettamente addestrato dal suo allenatore.

I dati, in qualche modo, confermano tutto ciò che abbiamo detto finora. In alto avete già letto del baricentro insolitamente basso tenuto dal Napoli, soprattutto nel primo tempo; ci aggiungiamo anche il possesso palla nettamente a favore dell’Atalanta (55%-44% il dato grezzo sull’intera partita, con una punta del 60% nel secondo tempo) e il numero di cross (20-4), sempre appannaggio della squadra di Gasperini. Di contro, il Napoli ha messo insieme più passaggi lunghi (51-42), ma soprattutto più tiri in porta (5-3). La chiave della partita è tutta qui, in questo dato che stride in maniera quasi paradossale con quello relativo ai tiri complessivi: 19-6 per l’Atalanta.

Questo cosa vuol dire? Che la squadra di Gasperini ha sicuramente avuto più occasioni per andare al tiro e ha gestito la gara dal punto di vista territoriale, ma che il Napoli ha saputo limitare la sua pericolosità. Anzi, verrebbe quasi da dire che il Napoli si è fatto attaccare, ovviamente in un certo modo, e proprio in questo modo ha ridotto il numero di chance nitide concesse alla squadra avversaria.

Basta fare un censimento di queste conclusioni per rendersene conto: Ospina non poteva nulla sul colpo di testa vincente di De Roon ed è intervenuto fattivamente solo su un altro colpo di testa, quello di Malinovskyi al settimo minuto, e sul tentativo a giro di Boga a un quarto d’ora dalla fine; per quanto riguarda gli altri 16 tiri, 6 sono stati respinti e 10 sono finiti fuori. Tra questi, solo 3 sono arrivati su azione manovrata e sono stati scoccati dall’interno dell’area di rigore.

Attaccare bene

È un vecchio adagio del calcio: non è importante quanto si attacca, ma come. In alto abbiamo visto due delle tre azioni che hanno portato il Napoli al gol, tra poco vedremo e racconteremo anche la terza, ma come al solito sono i dati ad anticipare la realtà. Il fatto che la squadra azzurra abbia inquadrato la porta in 5 tiri su 6, e che l’unica conclusione “mancante” è quella di Lozano che è andata a un’unghia dal palo è un indicatore significativo. Insomma, il piano partita di Spalletti era quello giusto ed è stato interpretato perfettamente dai suoi giocatori. Tranne che nei primi minuti dei due tempi, quando è come se il Napoli fosse stato chiuso nella sua metà campo dalla freschezza e dall’esuberanza dell’Atalanta.

Con Boga (inizialmente schierato a destra) al posto di Hateboer, l’Atalanta alza ancora di più l’intensità dei suoi attacchi. I primi minuti della ripresa sono vissuti così, in trincea, dal Napoli.

Gasperini, nell’intervallo, è stato bravissimo a dare nuovo slancio alla sua squadra. Non ha cambiato sistema di gioco, o meglio ha inserito un esterno a tutta fascia ancora più offensivo (Boga al posto di Hateboer) senza rinunciare a un giocatore bravissimo a muoversi tra le linee (Miranchuk, subentrato a Malinovskyi). Sono stati proprio loro a orchestrare l’azione del gol di De Roon, scompigliando l’assetto difensivo del Napoli sugli esterni. Koulibaly è effettivamente poco attento, non sente De Roon alle sue spalle, ma è anche vero che, sul cross di Miranchuk, ci sono sei (!) giocatori dell’Atalanta nell’area di rigore del Napoli.

Difficile difendere in una situazione del genere

Un’altra definizione di carattere

Come detto anche da Spalletti, è qui che si è manifestato il carattere del Napoli. In questo caso, però, non si tratta di carattere in senso emotivo e temperamentale, piuttosto è un discorso di atteggiamento tattico, di coraggio a riprendere il filo di un discorso interrotto. Certo, c’è stato anche un evento incidentale fortunato: l’infortunio di Djimsiti ha praticamente costretto Gasperini a passare alla difesa a quattro, quindi a disegnare spaziature ancora più ampie fermi restando i principi di gioco della sua squadra, cioè aggressività e marcature a uomo a tutto campo. Ed è proprio in questo punto e in questo momento, anche grazie ai cambi, che Spalletti ha vinto la partita.

Hirving Lozano e un piccolo saggio sull’attacco degli spazi aperti

Ci sono due video, non a caso: nel primo c’è l’azione tutta in verticale che porta al gol di Elmas, nel secondo c’è la rete sfiorata da Lozano. La differenza è quasi impercettibile, a parte l’esito delle due conclusioni: l’Atalanta ha completamente smarrito le distanze, tende sempre ad attaccare il campo e ad accerchiare gli avversari, ma con due centrali difensivi le coperture preventive (già di per sé complicate nel contesto tattico di Gasperini) diventano praticamente impossibili. E allora Lozano, un calciatore che ha nel sangue l’attacco della profondità, ha potuto letteralmente banchettare, mentre i suoi compagni restavano a difendere valorosamente il forte (cioè la porta) di Ospina.

Il punto è che in entrambi i casi non si tratta di difesa e contropiede senza costrutto: sia il lancio in verticale di Koulibaly per Lozano (primo video) che la giocata a tre Lobotka-Zanoli-Malcuit che permette a Mário Rui di servire l’attaccante messicano (secondo video) sono il frutto di un approccio al gioco del tutto simile a quello del primo tempo, in cui il possesso basso è servito ad aprire il campo. A creare i presupposti per i gol di Insigne e di Politano. È come se Spalletti avesse trovato una alchimia equilibrata, un cocktail perfetto tra gioco di possesso e calcio verticale. Una sorta di sintesi che ha permesso al Napoli di esaltare i giocatori a disposizione senza però andare a sbattere sul passato. Sui suoi difetti storici.

I calciatori

Certo, in tutto questo discorso pesano (e molto) le prestazioni dei singoli. La loro disponibilità ad adattarsi a un copione non sempre e/o non del tutto congeniale. Come nel caso di Mertens, eccezionale nel muovere la difesa avversaria accorciando i reparti del Napoli, ma anche intelligentissimo nei (rari) attacchi alla profondità che gli sono stati richiesti. Bravi anche Insigne e Politano, costretti a una partita da sacrificio e da pochi palloni giocati (26 per Politano, 43 per Insigne) ma sempre lucidi tutte le volte che sono stati chiamati a consolidare il possesso sugli esterni. Lo schema su punizione, poi, è stata una vera sciccheria.

I (pochi, ma utilissimi) palloni giocati da Dries Mertens, di nuovo in versione attaccante associativo

Un’altra menzione particolare, in questo senso, va a Stanislav Lobotka. Il centrocampista slovacco, nonostante abbia toccato molti meno palloni rispetto al solito (54), è stato comunque decisivo. Solo in modo diverso dal solito: cioè con i suoi strappi, con i suoi movimenti in anticipo in tutte le fasi di gioco. Per una volta ha fatto regia muovendo il corpo e non il pallone, offrendosi costantemente come riferimento ai compagni che però non potevano passargli sempre – o quasi mai – la palla, vista la pressione continua esercitata su di lui.

Infine, un inevitabile digressione su Alessandro Zanoli. La partita del terzino destro del Napoli è stata assolutamente perfetta, anche perché ha dovuto alternare la sua esuberanza – atletica, tecnica, “di gioventù” – a un piano partita più conservativo rispetto al solito. Questo non gli ha impedito, però, di servire quello che è praticamente un assist per il rigore procurato da Mertens, ne abbiamo già parlato; di essere il giocatore del Napoli che ha giocato più palloni (88) e che ha accumulato più dribbling riusciti (2).

Insomma, ha mostrato di essere un calciatore di buonissima qualità e con grande personalità, ma anche capace di reggere il duello con avversari di grande impatto come quelli dell’Atalanta. Anche dal punto di vista puramente atletico. Potenzialmente, dunque, ha tutto ciò che serve per diventare un laterale difensivo di primo livello. Sarà solo questione di tempo. E di fiducia. In questo senso, l’assenza di Di Lorenzo potrebbe essere un’occasione. Per lui e per Spalletti.

Conclusioni

Ecco, probabilmente è questa la frase-chiave dell’intera analisi tattica di Atalanta-Napoli 1-3. Al di là dell’enorme consistenza della vittoria, le assenze – di varia natura – hanno invogliato Spalletti a sperimentare. A inventarsi soluzioni tattiche finora mai adoperate. Zanoli è una di queste, così come il Napoli ibrido che fa costruzione dal basso e poi attacca il campo in verticale mentre lascia il possesso agli avversari. Anche con Mertens, anche con Insigne e Politano e Lobotka. Proprio il fatto che tutti i giocatori della squadra abbiano recepito le nuove istruzioni e abbiano pure offerto un buon contributo è un segnale importante. È un messaggio a Spalletti: i calciatori sono evidentemente disponibili a fare il possibile, anche a snaturarsi un po’, per vincere le partite.

Insomma, ora il tecnico del Napoli sa che potrà essere coraggioso. Che dovrà essere coraggioso. Nelle prossime partite affronterà squadre diversissime tra loro – Fiorentina, Roma, Sassuolo, Empoli, Torino, Genoa e Spezia – e quindi avrà il difficile compito di adattare la sua squadra a situazioni sempre differenti. Al netto di contingenze particolari come quelle che hanno caratterizzato l’avvicinamento ad Atalanta-Napoli, una gara affrontata senza Osimhen, Rrahmani e Di Lorenzo. Per esempio, l’assenza di Anguissa costringerà Spalletti a disegnare un nuovo centrocampo per Napoli-Fiorentina.

Visto com’è andata a Bergamo, potrebbe essere una cattiva notizia solo a metà. Magari vedremo un Napoli riscritto per l’ennesima volta, in grado di assorbire il gioco sofisticato della Fiorentina e di trovare il modo giusto per attaccarla. È quello che ci aspettavamo di vedere da questa squadra, da anni. È quello che abbiamo visto in questa stagione. Chissà, magari è per questo che il Napoli ha già ipotecato il ritorno in Champions League, Magari è per questo che, in attesa di Milan-Bologna, la squadra di Spalletti è in vetta alla classifica di Serie A a sette giornate dalla fine del campionato.

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