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Vessicchio: «Chiesi a Gino Paoli: “lavoriamo insieme?”. “No, non ti ho ancora baciato in bocca”»

Al Corsera: «Sono nato e cresciuto a Bagnoli. Amianto dappertutto. Stavamo in un comprensorio di palazzine, quattro famiglie: i superstiti oggi sono pochi»

Vessicchio: «Chiesi a Gino Paoli: “lavoriamo insieme?”. “No, non ti ho ancora baciato in bocca”»

Beppe Vessicchio, un’icona del palco del festival di Sanremo, che quest’anno ha dovuto disertare alcune serate a causa del covid che aveva contratto, ha raccontato di sé e della sua infanzia al Corriere della Sera. Ha 65 anni e polmoni non proprio sanissimi a causa del suo essere cresciuto in mezzo all’amianto

«Sono nato e cresciuto a Bagnoli, papà era un funzionario dell’ex Eternit. Amianto dappertutto. Stavamo in un comprensorio di palazzine, quattro famiglie: i superstiti oggi sono pochi. Io, mio fratello e mia sorella giocavamo con le vasche d’amianto. Poi c’erano anche gli aghi di ferro dell’Italsider: noi bambini ci divertivamo a riempire dei sacchi di terriccio e poi a passarci sotto dei magneti. Vedevamo gli aghetti».

Ma c’è sempre stata la musica per rallegrare la famiglia

«Noi siamo cresciuti con la musica. Canzoni napoletane da mettere sul giradischi la domenica pomeriggio, quando venivano le zie. Un fratello che cantava sin dal mattino. Io che volevo suonare la chitarra. Ma allora al Conservatorio non c’era il diploma per chitarra»

Una lunga collaborazione con Gino Paoli che cominciò ad una cena in casa di Maria Pia Fanfani

«Ci sistemammo nella stanza dei cappotti, gli feci ascoltare due miei brani. Concordammo sul migliore e quando io poi gli dissi “Bene, è fatta, lavoriamo assieme?” lui si alzò e, allontanandosi, mi rispose “No, manco so chi sei, non ti ho ancora baciato in bocca”».

Tanti anni anche con la Vanoni, un altro carattere mica facile.

«Eh, Ornella è una grande artista e ci teneva a rimarcare la sua statura. Dopo ogni concerto io scappavo e evitavo il suo camerino perché sapevo che ci sarebbe stata una sfuriata. Una volta lei stava provando, io continuavo a interromperla finché lei mi lanciò una scarpa. Esasperata».

Vessicchio vorrebbe che la musica facesse parte della cultura di tutti i bambini. che si studiasse fin dalle scuole elementari

«Perché conosco il valore taumaturgico della musica, so che cosa è in grado di fare… io credo invece che bisogna insegnargli la complessità»

Meglio i rapper che la musica per bambini

«Ma certo. Anzi, io amo i rapper, perché, vivaddio, ci hanno restituito una sorta di verismo. Ci stavamo invischiando in un tempo sospeso tra la nostalgia e il futuro. Ma il punto è un altro: la complessità fa paura, il linguaggio più articolato spaventa. Prendiamo la parola immunizzare: tutti i grandi scienziati dicono che l’immunità perfetta non l’abbiamo ancora trovata, eppure continuiamo a usare quel termine come sinonimo di difesa totale e sa perché? Perché non abbiamo voglia, tempo, coraggio intellettuale di trovare una parola diversa. Così nelle canzoni».

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