Dopo la lite con Ben Stiller: «È un problema di questo tempo, hanno i social e pensano di doversi esprimere su tutto. Io sono un professionista, mi guardi e stai zitto»
“Dopo una battaglia di tre ore contro Nadal, la prima domanda che mi fate è sul lancio di una racchetta? Davvero?”. Nick Kyrgios, dopo aver dato spettacolo con Nadal ai quarti di Indian Wells, fa lezione. Di comportamento (e di giornalismo). In particolare l’australiano tanto genio e tantissima sregolatezza coglie un punto focale del rapporto degli atleti con il pubblico, lui che si becca costantemente con la gente sugli spalti. “Io per caso spiego a Ben Stiller (che era lì, in prima fila) come deve recitare? No? E allora che parli a fare?”.
In conferenza stampa, dopo il match, ci è tornato meglio:
“Non chiedo alla folla di prendere le mie parti o gridare il mio nome o impazzire per me quando sto vincendo o perdendo. Voglio solo che la gente sappia che deve rispettarci. Hanno comprato i biglietti per venire a vederci giocare, ma almeno non urlassero prima della prima di servizio e della seconda. Penso che questo succede solo a questa generazione. Tutti sentono che la loro opinione è valida. Sei uno spettatore, guardi i professionisti giocare a tennis, dovresti solo stare zitto. Non dirmi come giocare. Siediti al tuo posto e guardami giocare a tennis. Questo è tutto. Pensano di avere una sorta di diritto di urlare verso i giocatori, come hanno fatto con Osaka l’altra sera. Non capiscono che questo comportamento ci colpisce, siamo esseri umani. Non siamo una sorta di super uomo con un’armatura. Non siamo perfetti. Siediti e goditi solamente lo spettacolo. Ci stiamo mettendo il massimo impegno.
“Lo vedi, accade anche in altri sport. Sta peggiorando perché con i social media, le persone pensano che siano all’improvviso delle celebrità; ma non è così. Hai un piccolo account di social media e diffondi negatività. È imbarazzante e puoi vedere come influisce sulle persone. Sta colpendo Westbrook, Osaka e altri sportivi. Mi ha colpito per anni e non va bene. È ridicolo”.