Al CorSera: «Alla Lega chiedo meno litigi e più rispetto, l’immobilismo ha già bruciato due presidenti. Ceferin? Si è mosso da vero leader»
Sul Corriere della Sera un’intervista al presidente della Figc, Gabriele Gravina. Parla della guerra in Ucraina, dell’unione dello sport nel condannare l’aggressione della Russia. Annuncia altre iniziative: finora l’unica messa in campo dalla Federcalcio è stata lo spostamento di 5 minuti delle partite di campionato.
«Una piccola testimonianza, non l’unica. Adesso stiamo lavorando su altre iniziative: non è solo una guerra contro un popolo perché tutti siamo coinvolti».
Loda Ceferin.
«Ceferin si è mosso in fretta e bene. Abbiamo organizzato tre Comitati straordinari, dando risposte veloci e concrete. La Fifa, invece, aspettava un segnale dal Cio».
Sulla Polonia che per prima ha dichiarato che non avrebbe giocato contro la Russia:
«Tutte le Federazioni hanno condiviso la posizione intransigente dei polacchi. Le parole del mio amico Boniek fanno capire quanto siano ancora dolorose le ferite inferte all’Europa dalla prevaricazione di una Nazione sull’altra. Nel 2022 le divergenze bisogna risolverle con il dialogo e non con le armi. Ma sono contrario a fughe in avanti, come quella della Polonia. Ceferin non apprezza gli interventi dei singoli, dobbiamo muoverci uniti e coordinati».
La Figc si è mossa subito per far uscire dall’Ucraina De Zerbi.
«L’ho chiamato appena saputo dell’invasione russa e ho capito quanto grave fosse la situazione. Così mi sono confrontato con il presidente dell’Uefa, che in questa vicenda ha confermato di avere grande carisma, di essere un vero leader. Credetemi, non è stata un’impresa facile far uscire Roberto e il suo staff dall’Ucraina. Ho vissuto momenti di angoscia: pensate che sono partiti dall’albergo scortati, ma durante il coprifuoco e hanno dovuto viaggiare in treno prima di prendere il charter. Quando De Zerbi, oltrepassato il confine, mi ha mandato un vocale ho avuto un’esplosione di gioia».
Dichiara di aver offerto all’Ucraina il suo supporto.
«Un minuto dopo l’inizio del conflitto ho scritto a Pavelko dichiarandomi disponibile ad aiutarli. Siamo pronti a ospitare i loro profughi e le loro gare».
Sull’esclusione degli atleti russi dalle competizioni internazionali.
«Capisco l’amarezza di chi rischia di gettare al vento anni di sacrifici. Ma è l’ora di mandare un messaggio forte».
Sulla Lega Serie A, che sembra averlo messo nel mirino:
«Non mi sento aggredito, almeno non dalla maggioranza dei presidenti. Forse solo da qualcuno che non riesce ad esercitare il suo potere. La verità è che tensioni ce ne sono sempre state, ma finiscono con indebolire la leadership. Chi urla non è e non può essere un leader. Spero che la Lega sia in grado di darsi in fretta un presidente forte, capace di fare sintesi e che permetta al calcio italiano di recuperare il gap esistente con gli altri paesi. Alla Lega chiedo meno litigi e più rispetto nei confronti della Figc e delle altre componenti».
Sulla nomina di un commissario ad acta:
«I principi che chiamo riformatori sono fondamentali per combattere l’immobilismo della Lega che è già costato due presidenti di qualità come Miccichè e Dal Pino. Servono per dare una svolta al nostro mondo e combattere il conservatorismo».
Dice di essere fiducioso.
«Devo esserlo, perché la Lega di Serie A regge tutto il movimento. Sono preoccupato e anche parecchio. I risentimenti personali di certi presidenti non devono intaccare l’esistenza oggettiva di un sistema che va riformato».
Sulla Superlega:
«La nostra posizione non cambia: è la risposta sbagliata a un problema reale. In questo momento si sente un gran bisogno di unità e non di ulteriori divisioni».