Libero intervista l’ex bomber ingiustamente accusato di essere a capo di un’organizzazione internazionale di scommesse: «Ero innocente fino al midollo ma non per chi mi accusava»
Libero intervista Beppe Signori che ha raccontato la sua odissea giudiziaria nel libro “Fuorigioco”.
Beppe, la tua vicenda giudiziaria ci ha ricordato quella di un’altra vittima della malagiustizia: Enzo Tortora. Accusato,
rovinato, infine assolto.
«Hai ragione, Tortora subì l’onta del carcere, io degli arresti domiciliari. La sua Odissea durò 5 anni, la mia il doppio: 360 mesi durante i quali non ho vissuto e ho visto in faccia la morte, nel 2019, a causa di un’embolia polmonare».
Nel libro, dove i flash-back della vicenda si alternano col racconto della tua carriera, non sono pochi i resoconti processuali relativi all’inferno legale nel quale eri precipitato.
«Sono stato additato per anni come il boss di un’organizzazione internazionale che operava nel mondo delle scommesse. Vi rendete conto? E tutto perché un innocente bigliettino con il risultato di Atalanta-Piacenza, non scritto da me per combinare la partita, è stato scovato dagli inquirenti in casa mia. Nella vicenda di Tortora trovarono il suo nome sul taccuino di un pentito e fu considerata una prova contro di lui. Il parallelismo è pazzesco».
Tortora e Signori, assolti entrambi in modo pieno. Cosa aggiungere?
«Tra i 134 imputati dell’inchiesta, il sottoscritto è stato l’unico a non essere mai stato interrogato dal giudice, non ho mai capito il motivo. E nelle 80.000 intercettazioni dell’inchiesta il cognome Signori non appare. Ero innocente fino al midollo ma non per chi mi accusava».