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Beppe Signori: «Io come Enzo Tortora, dieci anni all’inferno per un bigliettino»

Libero intervista l’ex bomber ingiustamente accusato di essere a capo di un’organizzazione internazionale di scommesse: «Ero innocente fino al midollo ma non per chi mi accusava»

Beppe Signori: «Io come Enzo Tortora, dieci anni all’inferno per un bigliettino»
Db Bologna 08/11/2014 - campionato di calcio serie B / Bologna-Carpi / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Giuseppe Signori

Libero intervista Beppe Signori che ha raccontato la sua odissea giudiziaria nel libro “Fuorigioco”.

Beppe, la tua vicenda giudiziaria ci ha ricordato quella di un’altra vittima della malagiustizia: Enzo Tortora. Accusato,
rovinato, infine assolto.

«Hai ragione, Tortora subì l’onta del carcere, io degli arresti domiciliari. La sua Odissea durò 5 anni, la mia il doppio: 360 mesi durante i quali non ho vissuto e ho visto in faccia la morte, nel 2019, a causa di un’embolia polmonare».

Nel libro, dove i flash-back della vicenda si alternano col racconto della tua carriera, non sono pochi i resoconti processuali relativi all’inferno legale nel quale eri precipitato.

«Sono stato additato per anni come il boss di un’organizzazione internazionale che operava nel mondo delle scommesse. Vi rendete conto? E tutto perché un innocente bigliettino con il risultato di Atalanta-Piacenza, non scritto da me per combinare la partita, è stato scovato dagli inquirenti in casa mia. Nella vicenda di Tortora trovarono il suo nome sul taccuino di un pentito e fu considerata una prova contro di lui. Il parallelismo è pazzesco».

Tortora e Signori, assolti entrambi in modo pieno. Cosa aggiungere?

«Tra i 134 imputati dell’inchiesta, il sottoscritto è stato l’unico a non essere mai stato interrogato dal giudice, non ho mai capito il motivo. E nelle 80.000 intercettazioni dell’inchiesta il cognome Signori non appare. Ero innocente fino al midollo ma non per chi mi accusava».

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