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Nino D’Angelo: «Sono stato ostracizzato per pregiudizio, mi dicevano che ero figlio “di una certa Napoli”»

A Repubblica: «E’ stato il mio errore, che mi ha buttato in depressione. Quella parte di pubblico ha iniziato ad amarmi quando c’è stata la mia rivalutazione» 

Nino D’Angelo: «Sono stato ostracizzato per pregiudizio, mi dicevano che ero figlio “di una certa Napoli”»
Sanremo (Im) 05-09/02/2019 - 69° Festival di Sanremo / foto Pamela Rovaris/Image nella foto: Livio Cori-Nino D'Angelo

Repubblica intervista Nino D’Angelo. Il 3 marzo parte il tour con cui l’artista celebra 40 anni di carriera. Tra le canzoni che proporrà ci saranno sicuramente, dice, quelle relative al periodo iniziale, il periodo dello “scugnizzo”.

«Di sicuro il periodo dello scugnizzo non può mancare mai, e non solo perché questo è un tour celebrativo: quelle sono le mie origini, lì c’è la mia povertà, che non rimpiango, ma neppure rinnego perché mi bastava poco per essere felice, E poi quelle canzoni furono davvero una rivoluzione».

Spiega:

«Io dovevo essere, per sua stessa dichiarazione, l’erede di Mario Merola nella sceneggiata napoletana. Grandioso artista, grandioso genere, ma io volevo fare il pop. E le mie canzoni del periodo scugnizzo hanno portato i giovani napoletani ad amare la canzone della loro città. Le scrivevo mentre mia moglie faceva le pulizie per casa. Le dissi: “Che fortuna che hai, ti ho risolto i problemi con queste musiche”. Anche se non fu facile, perché ero ostracizzato. Tanti prendevano posizione contro di me per pregiudizio, perché ero come mi vedevano. Io sono stato amatissimo da un certo pubblico e odiatissimo da quest’altro, che poi è passato ad amarmi quando c’è stata la mia rivalutazione. Ma spesso in Italia alla lunga si viene rivalutati. Io volevo essere amato da tutti, essere figlio di tutta Napoli, invece mi dicevano “di una certa Napoli”. Questo è stato per tanto tempo il mio errore, che mi ha buttato in depressione, ma dico sul serio. Invece alla lunga ho avuto ragione io: ha cominciato a cambiare tutto quando sono andato a Sanremo con Senza giacca e cravatta. E ora ho un pubblico composito, il minimo del colto accanto al massimo del colto. E sono felice».

Il momento più felice della sua vita artistica, racconta, è stato il concerto per i 60 anni allo stadio San Paolo.

«Mi è passata tutta la vita davanti agli occhi. Ed ero nella curva B, la mia curva, quella dove andavo a tifare Maradona. Uno che ha pagato i suoi errori con la vita, un campione, ma umile come me. Ecco, ovviamente non oso per nulla accostare il mio talento al suo, ma lui ci ha messo sempre la faccia, Come ho fatto e faccio io».

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