A Bergamo comincia a farsi sentire qualche voce dissonante: «Della squadra che andò per la prima volta in Champions non è rimasto più nessuno»
La cessione di Robin Gosens all’Inter è un affare per tutti, tranne che per i tifosi, scrive Davide Ferrario sul Corriere Bergamo. Un gran colpo per l’Inter che si rafforza, per Gosens che vincerà lo scudetto e guadagnerà il triplo, per l’Atalanta che ha realizzato una straordinaria plusvalenza, l’ennesima.
“Tutto ragionevole, certo. Solo che ragionevole è l’ultima parola che un tifoso vuole sentire. Se fossimo «ragionevoli», l’Atalanta non sarebbe dov’è. Continueremmo a parlare di salvezza, come fa Percassi… La verità è che è pericoloso confondere squadra e società, anche se le due cose sono strettamente connesse. Sul campo tutto è possibile, e da cinque anni viviamo tre metri sopra il cielo: ma nei rapporti di forza con le «grandi squadre», fuori dal rettangolo di gioco, rimaniamo degli outsider. E, personalmente, aggiungo: «per fortuna». Per fortuna continuiamo a rappresentare tutto quello che non confluisce in progetti tipo SuperLega (di cui, non dimentichiamolo, faceva parte anche l’Inter). Perciò, sul campo lottiamo ad armi pari; ma solo lì”.
A guardarsi indietro, alla formazione che tre anni fa andò per la prima volta in Champions, continua, si scopre che non è rimasto nessuno di quella squadra, né Gollini, né Gomez, e neppure Masiello e Ilicic (“nominalmente c’è ancora, ma sappiamo che di fatto non c’è più e chissà se tornerà).
“Gosens se ne va. Hateboer è rimasto solo perché non se l’è preso nessuno. E in panchina c’era Castagne, altro disperso. Noi tifosi amiamo pensare alla squadra come a un santino sempre uguale, ma la verità è che tutto cambia, sempre, per mille motivi che fanno del calcio il business che è. Vuol dire che Gasperini se ne inventerà un’altra. Finché c’è lui, almeno, tutto può succedere”.