A Sportweek: «Per me la cosa fondamentale era che mia figlia mi potesse vedere in campo. L’ha fatto, ha assistito al mio primo gol con la Spal»

Su Sportweek una lunga intervista a Pepito Rossi, tornato in Italia con la maglia della Spal.
«Dimostro di essere ancora un calciatore, finalmente mi sento di nuovo tale. È l’unica cosa che ho chiesto, quando ho parlato con la società. Datemi questa possibilità».
Continua:
«Per me il calcio è tutto, pur di tornare in campo avrei fatto qualunque cosa, dopo tanto tempo perso con gli infortuni. Ma penso sia stato giusto rientrare proprio qui, non solo perché hanno creduto in me. C’è un progetto serio e affascinante».
A convincerlo, racconta, è stato il presidente del club, che gli ha detto: “Giuseppe ti vogliamo”.
«In passato ho sentito altre cose, purtroppo. Mi hanno ferito, perché ho percepito che le persone non si fidavano più di me. Da una parte mi è dispiaciuto tantissimo, ma allo stesso tempo ne ho tratto motivazioni ancora più grandi per continuare».
Mai pensato al ritiro, però, nemmeno quando tutto sembrava nero. Ha deciso di riprovarci pensando a sua figlia, racconta.
«Per me la cosa fondamentale era che mia figlia mi potesse vedere in campo. L’ha fatto, è successo tre giornate fa, la sua prima partita allo stadio. Vederla in tribuna è stato fantastico, poi ha assistito al mio primo gol con la Spal e naturalmente l’ho dedicato a lei. Quella maglia l’ho tenuta e l’appenderò nella sua cameretta. Sarà un bel ricordo per entrambi, tra qualche anno».
Racconta quel gol, a Cosenza, più di 1300 giorni dopo l’ultimo segnato in Italia.
«Vedere il pallone entrare in porta è stata una liberazione. Un attimo di gioia intensa, ma poi mi ha invaso tutta la soddisfazione per il lavoro che ho fatto. Perché ce n’è stato tanto, prima di potermi ripresentare in campo. Segnare, portare a casa i tre punti, cosa c’è di più bello? Mi auguro che quel gol sia il primo di tanti altri».
Il calcio gli ha riservato tante gioie, ma altrettante delusioni.
«Quando sono stato lontano dal calcio ho avuto davvero tante delusioni. Finché sei al top ti stanno tutti vicini, poi quando ti fai male non si fa vivo più nessuno».
Ad aiutarlo è stata la famiglia.
«Io sono un uomo di famiglia. Dedicavo il mio tempo alla vita di casa, a mia moglie Jenna, mi è nata la piccola e c’era tanto da fare. È grazie ai miei se sono l’uomo che vedete oggi. La motivazione per tornare in campo me l’hanno data anche loro».