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Messi: «Non mi sono mai paragonato a Maradona. Mi hanno dato fastidio certe critiche in Nazionale»

France Football lo intervista dopo il settimo Pallone d’Oro. «Quando ero piccolo odiavo perdere. E così sono cresciuto. Ho sempre voluto vincere in tutto»

Messi: «Non mi sono mai paragonato a Maradona. Mi hanno dato fastidio certe critiche in Nazionale»
Parigi (Francia) 28/09/2021 - Champions League / Paris Saint Germain-Manchester City / foto Imago/Image Sport nella foto: esultanza gol Lionel Messi

Dopo il settimo pallone d’oro della sua carriera, che gli è stato assegnato – non senza polemiche – lunedì scorso, Leo Messi ha rilasciato una lunga intervista a France Football. Qui ne riprendiamo i tratti salienti.

Sulle umili origini.

«Vengo da una famiglia operaia, mio ​​padre lavorava tutto il giorno e vivevamo in un quartiere abbastanza povero. Ma non ci è mai mancato nulla, grazie a Dio. I miei genitori mi hanno insegnato il rispetto, soprattutto per gli altri, ma anche l’etica del lavoro e l’umiltà. Sono cresciuto con questi valori. Quando sono arrivato a Barcellona a 13 anni, a La Masía ho trovato gli stessi valori»

Sul perché non ha accettato la proposta di Neymar di prendere la maglia numero 10 anche al Psg.

«Il 10 era suo. Sono venuto in una nuova squadra per dare una mano. Propormi di prendere la maglia numero 10 è stato un gesto straordinario da parte sua. Me lo aspettavo, perché conosco Neymar. Abbiamo passato tanto tempo assieme al Barcellona, siamo amici. Mi sembrava più giusto che tenesse lui il numero 10. Per questo ne ho preso un altro che mi piaceva (il 30)»

Sul «coccodrillo», che ha fatto in Psg-City.

«In quel momento avevamo bisogno di farlo. Stavamo vincendo. Non c’era nessuno per farlo e siccome c’ero io l’ho fatto. Francamente non è stato niente di che. Tutti dobbiamo dare il nostro contributo per ottenere risultati»

Se pensa di essere considerato il migliore della storia.

«Non ho mai detto di essere il migliore della storia. Per me essere considerato uno dei migliori della storia è più che sufficiente. È qualcosa che non avrei mai immaginato. È una cosa che non mi interessa, non cambia nulla essere considerato il migliore o meno»

Sul deficit ormonale della crescita che ha rischiato di compromettergli la carriera.

«Ricordo che ho passato due ore a fare esami, con mia madre. Quando ho saputo di avere un problema, non sono rimasto particolarmente scioccato. Forse perché ero piccolo e fondamentalmente non sapevo cosa significava. Poi mi hanno spiegato il trattamento, mi hanno avvisato del fatto che avrei dovuto fare delle iniezioni ogni giorno. Ero in grado di continuare la mia vita come prima. Non ha compromesso la mia carriera, perché potevo fare tutto quello che volevo fare. Ovviamente dovevo continuare il trattamento. Una volta che ho iniziato a fare il trattamento, l’ho accettato ed è diventato parte della mia vita»

Se è stato facile lasciare Rosario a tredici anni.

«Stavo portando avanti la cura, ma era molto costosa per la mia famiglia… Il Newell’s ci disse che ci avrebbe aiutato, ma in realtà non ci hanno mai passato soldi per la cura. È stato complicato… poi è venuta fuori la possibilità di andare a Barcellona. Ricordo molto bene quando siamo partiti, ci sono stati saluti nel quartiere, è stato un momento molto duro, anche se era quello che volevo, era quello che stava da tempo nella mia testa. E infatti non ho mai pensato di tornare, anche se non è stato facile adattarmi. Ho vissuto un primo anno molto difficile, è vero. I primi mesi non ho potuto giocare per una serie di problemi burocratici riguardanti il mio trasferimento. Non erano arrivati i documenti. Quando sono tornato a giocare mi sono fatto male alla tibia e non ho giocato per tre mesi. La mia famiglia si è separata, ho vissuto momenti difficili. Ma non ho mai pensato di tornare in Argentina. Anzi, più passava il tempo, più miglioravo, e più ero convinto del mio sogno: diventare un giocatore professionista»

Se si sente un modello per gli altri calciatori.

«Non so se sono un modello per gli altri, non mi è mai piaciuto sentirmi un modello o dare consigli. Ho lottato per i miei sogni, piuttosto. All’inizio il sogno era essere un giocatore professionista, poi ho lottato per migliorarmi e raggiungere nuovi traguardi ogni stagione. In quei momenti serve anche un po’ di fortuna. Penso che Dio abbia scelto così»

Sulla timidezza.

«Sono diverso con le persone di cui mi fido, coi miei amici, con la mia famiglia. Può essere che con alcune persone al di fuori di queste relazioni io sia più timido, che trovi più difficile sentirmi a mio agio. Mi ci vuole più tempo. Ma con persone provenienti da il mio ambiente sono una persona normale, spesso di buon umore, che cerca di godersi ogni momento»

Sul confronto con Maradona.

«No, no. Sinceramente non mi sono mai paragonato a Diego, assolutamente mai. Né ho mai prestato attenzione a questo paragone. Alcune critiche mi hanno infastidito in passato. Ho passato un brutto periodo in Nazionale, davvero, ma non per questi motivi. Spesso ricevo critiche fastidiose, ma d0vrebbero rimanere negli spogliatoi. Lì, in privato. È l’intimità che fa la forza del gruppo»

Se è facile essere il compagno di squadra di Messi.

«Dovresti chiederlo agli altri (ride, ndr). Non so se è facile o no… Chi mi conosce sa chi sono e chi non mi conosce lo fa a poco a poco. Rapportarmi ai giovani è più difficile, vista l’immagine che hanno di me. Ma una volta che mi conoscono si rilassano»

Sulla libertà in campo… e fuori:

«In campo ho sempre avuto la libertà di muovermi. Di andare dove volevo, senza rispettare ossequiosamente la posizione. Tutti gli allenatori che avevo mi hanno dato questa libertà di muovermi, di cercare la posizione migliore per creare problemi all’avversario. Fuori dal campo, la libertà assoluta è quella di passare del tempo con la mia famiglia, mia moglie, i miei figli.  Godermeli. Non so se ho sentito la pressione negli anni che ho giocato. Solo l’obbligo di ottenere risultati.».

Sul suo gol di testa nel 2009 contro lo United.

«E’ una situazione particolare. Xavi ha crossato perché sapeva che potevo essere in grado di metterci la testa. Me l’aveva visto fare in allenamento. Fu un gol speciale, ma non l’abbiamo cercato. È venuto naturale, è stato straordinario»

Quanto tempo sta Messi senza parlare con nessuno quando perde?

«Beh, ora è diverso. Dato che ho i miei figli, quando torno a casa rimetto tutto in ordine. È vero: prima che arrivassero loro, quando ero solo con Antonella passavo molto tempo rinchiuso senza voler parlare con nessuno a causa della sconfitta. Quando ero piccolo odiavo perdere. E così sono cresciuto. Ho sempre voluto vincere in tutto»

Sull’idea di superare Cristiano segnando più gol.

«Ho sempre voluto superare me stesso, senza guardare quello che facevano gli altri. Con Cristiano abbiamo mantenuto viva una competizione giocando nello stesso campionato per anni. È stato bellissimo, ci ha aiutato a crescere nelle nostre carriere. Ma senza guardarsi l’un l’altro. Volevo solo superare me stesso per essere il migliore. Non m’è mai interessato essere migliore di un’altro»

Henry ha detto che Messi non è umano.

«Titi è una persona con cui ho condiviso uno spogliatoio e con cui ho potuto vincere titoli importanti. Abbiamo avuto un buon rapporto per anni e ha sempre parlato bene di me. È incredibile che un campione come Henry dica cose del genere su di me. È bello ricevere questi complimenti»

Se è difficile essere Messi tutti i giorni:

«Sono Messi da 34 anni, quindi sto iniziando ad abituarmici. Sono contento di tutto quello che è successo, anche se a volte devo ammettere che mi piacerebbe passare inosservato, godermi la mia famiglia senza che nessuno mi riconosca. Non mi lamento, anzi: è sempre bello ricevere un complimento, un sorriso. E’ sempre bello aconntentare qualcuno che mi chiede una foto. Io ci sono abituato e per me è diventato normale. Quindi: ci si sente molto bene ad essere Messi»

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