È il settore più caldo dello stadio. In una coreografia ricordarono l’invasione nazista e vennero puniti dalla Uefa. Si vendicarono disegnando Ceferin come un maiale
Nessuno come i tifosi del prossimo avversario del Napoli in Europa League, almeno in patria. Delle disfunzioni e delle patologie del calcio polacco sugli spalti ne avevamo parlato in un articolo qualche anno fa. Ma la passione tagliente dei tifosi del club varsaviano, con tutte le peculiarità del caso, non ha forse eguali nel calcio polacco. Per capirlo bisogna andare a vedere chi sono i tifosi della Żyleta, ovvero i padroni della curva nord. Nel «rasoio» chi non riesce a tifare incessantemente per tutta la dura dell’incontro non è benaccetto. Il settore più caldo nello Stadio dell’Esercito Polacco si chiama così per il cartello con una pubblicità di rasoi polacchi che campeggiava negli anni Settanta nella zona est dello stadio, allora occupata proprio dagli ultras di casa. Poco importa che si tratti della Polonia socialista, di quella post-comunista, o che al potere come oggi ci sia la destra populista di Diritto e giustizia (Pis). La squadra fondata dai legionari polacchi nel 1916 è stata ed è destinata a restare la formazione dei militari.
Il crollo del comunismo ha lasciato una voragine ideologica a cavallo tra anni Ottanta e Novanta anche sugli spalti. Negli ultimi decenni la destra radicale ha saputo poi approfittare di questo buco prendendosi il tifo organizzato a Varsavia ma anche in altri importanti centri del paese. A dire il vero non è stato difficile fare proseliti tra i cittadini che non hanno beneficiato della transizione verso il capitalismo. A Varsavia il tifo organizzato di destra che intona cori anticomunisti dal rasoio sembra avere una coscienza storica o almeno vuole esibirne i tratti allo stadio. Niente a che vedere con le provocazioni di turno riprovevoli ma infantili degli ultras della Lazio. Gli adesivi con l’immagine di Anna Frank di due anni fa, ad esempio, restano di un’ingenuità disarmante in tutta la loro esecrabile meschinità.
A fare da collante tra i supporters del Legia, il nazionalismo alimentato senza sosta da due episodi storici: l’insurrezione di Varsavia del 1º agosto 1944, repressa nel sangue dai nazisti, e il mito dei «soldati maledetti», quasi verrebbe da dire dei partigiani al contrario che non si erano arresi al governo comunista dopo la liberazione della Polonia da parte dell’Armata rossa. Negli ultimi anni i tifosi del club che fu anche del «genio pacifista» Kazimierz Deyna si sono guadagnati il rispetto della comunità degli ultras anche all’estero grazie alle spettacolari coreografie preparate dai frequentatori del rasoio. Non a caso queste esibizioni spettacolari spesso contengono riferimenti alla storia recente del paese. Vale la pena ricordare quella del bambino con una pistola puntata alla tempia da un soldato nazista, mostrata in occasione del match del terzo turno preliminare di Champions League contro i kazachi dell’Astana nel 2017. A guardarlo anche oggi sembra un intervento collettivo di street art d’alta scuola. Ma allora l’illustrazione gigante accompagnata dal messaggio «durante la rivolta di Varsavia i tedeschi hanno ucciso 160.000 persone. Migliaia di loro erano bambini», non era andata giù all’Uefa. Qualche settimana dopo, prima di una partita di Europa League con lo Sheriff Tiraspol, gli ultras del rasoio avrebbero ritratto l’organismo presieduto da Čeferin, con le fattezze di un maiale, in risposta alla multa imposta al Legia per la coreografia creata per commemorare il settantatreesimo anniversario dell’insurrezione varsaviana.
Insomma nessuno sembra mandarle a dire ai tifosi dei Legia, un tempo gemellati anche con quelli della Juventus, almeno fino al 2013 e per gentile intercessione dei supporters dell’ADO Den Haag. Proprio come i sostenitori bianconeri, anche quelli del Legia continuano a recriminare per dei titoli revocati. I primi posti nella massima serie polacca sarebbero 16, se non fosse che la vittoria nel 1992-1993 è stata riassegnata d’ufficio agli eterni rivali del Lech Poznań in seguito ad una squalifica per delle partite truccate all’ultima di campionato. La «domenica dei miracoli» è così che viene ricordata in patria, con un’espressione vagamente cattolica, la sospetta combine di vent’anni fa. E forse il Legia del neo allenatore Marek Gołębiewski, in piena zona retrocessione in campionato nonostante i 6 punti in Europa League, avrebbe bisogno di qualche miracolo vero sul campo di giovedì per passare il turno.