A Repubblica: «So che i top player preferirebbero disputare più partite importanti piuttosto che amichevoli. Il mio obiettivo è rendere il calcio più inclusivo»
Su Repubblica un’intervista ad Arsène Wenger, fautore del progetto di un Mondiale ogni due anni. La definisce un’evoluzione necessaria, più che un’evoluzione.
«Non è una rivoluzione, piuttosto un’evoluzione necessaria: tutti sembrano d’accordo sul fatto che il calendario vada riformato, nessuno è contento dello status quo».
I vantaggi, dice, sarebbero evidenti: si raggrupperebbero le qualificazioni in una o due finestre e per il resto del tempo i giocatori sarebbero a disposizione dei rispettivi club, con meno interruzioni per i campionati e meno viaggi per i tesserati.
Un progetto molto diverso da quello della Superlega.
«C’è una differenza fondamentale: il mio obiettivo non è quello di creare un circolo chiuso ed esclusivo, ma di rendere il calcio più inclusivo, dando più opportunità a tutti i Paesi. Delle 211 federazioni, 133 non hanno mai partecipato a una Coppa del Mondo. Con edizioni più frequenti, avrebbero più possibilità».
Soprattutto, dice, è un’evoluzione che incontra i favori dei calciatori.
«Abbiamo consultato un certo numero di top player e so che i giocatori preferirebbero disputare più partite importanti, piuttosto che amichevoli. Quasi tutti i migliori poi giocano in Europa: sudamericani, africani, asiatici devono volare per oltre 300 mila chilometri in quattro anni. I viaggi ripetuti, lo shock climatico, il jet lag, sono un peso enorme. La mia priorità sono i calciatori».