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De Zerbi: «Oggi nel calcio c’è poca personalità. Ed è colpa degli allenatori che crescono soldati»

L’Intervista su El Pais: “Gli anni 90 hanno quasi ucciso tatticamente i numeri 10. Ma io ero un 10 mediocre. Lo lo faccio meglio come tecnico”

De Zerbi: «Oggi nel calcio c’è poca personalità. Ed è colpa degli allenatori che crescono soldati»
Db Bologna 18/10/2020 - campionato di calcio serie A / Bologna-Sassuolo / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Roberto De Zerbi

Roberto de Zerbi contro il Real Madrid. Sembra un film distopico e invece il prossimo incontro di Champions che alimenta l’intervista che El Pais dedica al tecnico italiano dello Shakhtar. Nella quale De Zerbi parla dell’essere filosoficamente numeri 10, e del calcio annesso a questa visione.

“Baresi, Maldini, Tassotti e Costacurta Erano severissimi con me. L’hanno fatto per il mio bene. Il gioco duro faceva parte della formazione calcistica di quegli anni. Perché il dieci, il giocatore di talento, era quello sempre distratto in allenamento. Devo ringraziare Maldini, Costacurta, Baresi, Tassotti, Albertini, Boban, Savicevic, Baggio… perché mi hanno fatto capire cos’è il calcio professionistico”.

“Gli anni ’90 sono stati il ​​periodo più difficile perché era il momento del 4-4-2. In Spagna si è riflesso nel Valencia di Cuper e in Inghilterra nello United, con Cole e York. I dieci giocavano da seconda punta. Oggi viviamo in un’era di rinascita dei dieci. Ci sono tante squadre che cercano la qualità. Troviamo spesso formazioni con più dieci. Tutto è cambiato rispetto a quel periodo in cui ho sofferto molto. Ero il tipico dieci che ha sofferto a livello tattico. Ma devo dire una cosa: non ero un gran numero dieci. Ero bravo tecnicamente ma ho sempre avuto problemi fisici o problemi con gli allenatori. Se la mia carriera è stata mediocre, è stata colpa mia, non dei miei allenatori”.

Ma De Zerbi è rimasto un allenatore della libertà:

“Questo non è tennis. Ci sono 11 persone che hanno bisogno di un altro per coordinarle. Ma in campo la scelta del gioco, del passaggio, del dribbling, del tiro, dell’occupazione di una posizione a discapito di un’altra, voglio che corrisponda al cento per cento ai calciatori. Perché oggi nel calcio – e nella vita – c’è molto meno coraggio e molta meno personalità rispetto a 20 anni fa. E siamo arrivati ​​a questo punto anche grazie agli addestratori che hanno voluto dei soldati. Quando per sistema non permetti libertà di scelta, pensiero e azione, nel tempo troverai più soldati e meno giocatori con personalità”.

Per De Zerbi “la svolta tattica in Italia coincide con il trionfo del grande Barcellona di Guardiola”:

“Quella squadra ha aperto la strada. Non perché quello che ha fatto il Barça si potesse riprodurre, perché non si potrà mai riprodurre. Ma perché molti dei concetti usati sono stati importati dai tedeschi e dagli italiani. Attira l’avversario con passaggi corti, fallo uscire dalla sua zona e trova il giocatore libero che si muove dietro quelle difese che ti metteranno pressione. Gli spagnoli sono stati maestri nello sviluppare queste manovre che partono dal gioco posizionale”.

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