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Martone si misura con Scarpetta e l’agguato che Napoli gli tese

“Qui rido io” ambientato in una Napoli dove tutto sembrava possibile. La famiglia malausseniana e la lite che portò alla nascita del diritto alla parodia

Martone si misura con Scarpetta e l’agguato che Napoli gli tese

L’ultimo Martone è quello che non t’aspetti, perché rendere la vita professionale e familiare di Eduardo Scarpetta – commediografo ed attore comico napoletano vissuto a cavallo tra 1800 e 1900 – non era un esercizio facile. Ma la risultante del film “Qui rido io” convince per zelo filologico e qualità degli attori nel restituire la temperatura di quegli anni di Belle Epoque in una Napoli dove tutto – nel teatro e della canzone – sembrava ancora possibile.

Fine del 1800, Don Eduardo Scarpetta – il solito incredibile Toni Servillo – è oramai il commediografo in dialetto più importante nel panorama partenopeo: dopo un inizio da copista delle pochade francesi è riuscito grazie alla sua militanza sui palchi e dietro le quinte a restituire opere che abbiano il carattere dell’autenticità. Felice Sciosciammocca è il suo alter ego sulle scene e gli consente di fare vivere alla sua famiglia malausseniana una bella vita: oltre alla moglie Rosa De Filippo (Maria Nazionale) che gli ha dato Vincenzo (Eduardo Scarpetta), Domenico (Roberto Caccioppoli) e Maria (Greta Esposito), ci sono, tra gli altri, i celeberrimi figli naturali avuti da Luisa De Filippo (Cristiana Dell’Anna): Eduardo (Alessandro Manna), Titina de Filippo (Marzia Onorato), e Peppino (Salvatore Battista).

All’apice della sua carriera però c’è l’eventus damni che sembra minare la sua vita: Scarpetta realizza una parodia – “Il figlio di Iorio (1904)” – del famoso dramma “La figlia di Iorio (1903)” di Gabriele D’Annunzio, il Vate. In realtà sembra che il Comandante avesse dato verbalmente il suo assenso all’intrapresa del teatrante partenopeo ritirandola poi in seguito dopo la prima al Mercadante (3 dicembre 1904). Quella sera Ferdinando Russo e Salvatore Di Giacomo avrebbero orchestrato un agguato dalla platea insieme ad alcuni esponenti del teatro artistico. Ne sarebbe nata una infinita causa giuridica che avrebbe coinvolto tutte le più belle menti della Napoli del tempo, financo Don Benedetto Croce (Lino Musella) e che avrebbe sancito nell’ordinamento giuridico italiano l’emersione del cosiddetto Diritto alla parodia.

Ritornando al film un plauso va alla narrazione di Mario Martone che alterna le tavole del palcoscenico, al controcanto degli interni di vita familiare scarpettiana, facendole scandire dalle eterne melodie partenopee: da notare che “Indifferentemente (Mazzocco-Martucci)” è la prima ed una delle ultime ad andare in scena. Citazioni vanno alla costumista pluripremiata Ursula Patzak e per quanto concerne le interpretazioni all’adolescente Alessandro Manna che interpreta un già formato Eduardo De Filippo, perso tra la mancanza di un padre legittimo e l’ammirazione smisurata verso la grande figura di Scarpetta: “E nuje, pe’ recitá ll’ùrdema scena restammo mane e mane, senza tené ‘o curaggio ‘e ce parlà”.

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