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Copernico Spalletti ha spazzato via l’oscurantismo dei precedenti 18 mesi del Napoli

Fabian può giocare centrale in mediana, Elmas non è un tappabuchi, si può giocare ogni 4 giorni senza piangere, le gerarchie non sono dogmi. E si gioca a calcio

Copernico Spalletti ha spazzato via l’oscurantismo dei precedenti 18 mesi del Napoli

L’arrivo di Spalletti a Napoli è paragonabile all’apparizione di Copernico sulla scena scientifica. Il suo Napoli è la riedizione del “De revolutionibus orbium coelestium” con cui l’astronomo polacco, nel Cinquecento, mise nero su bianco la condanna del sistema tolemaico che poneva la terra al centro dell’universo. Spalletti è venuto a illuminare la piazza dopo diciotto mesi di oscurantismo. In cui ci siamo dovuti sorbire di tutto e di più. E alla fine il Napoli è rimasto due volte consecutive fuori dalla Champions (la seconda con la Juventus più scarsa dell’ultimo quindicennio) e quasi quasi avremmo dovuto pure ringraziare. Buona parte della piazza avrebbe voluto persino la riconferma del precedente tecnico. L’autolesionismo a livelli record.

Spalletti, un signor allenatore che ha dovuto fronteggiare una marea mediatica in direzione contraria che avrebbe stroncato un bufalo (e non ci riferiamo a Napoli ovviamente), zitto zitto, stando attento a non rompere gli equilibri ma al contempo lavorando per forzarli, ha spiegato che no, non c’è la terra al centro dell’universo. Che no, Fabian Ruiz non è un brocco che non può giocare centrale in mediana. Che Elmas è un calciatore, non un tappabuchi che magari viene spedito sugli esterni quando inopinatamente si passa alla difesa a tre contro il Granada. Che il Napoli può giocare partite ravvicinate senza per questo piangere per giorni consecutivi. Perché non è solo il Napoli ad andare in campo ogni quattro giorni. Siamo passati dalle figuracce rimediate in Europa League contro avversari modesti, al 2-2 in rimonta casa del Leicester. Non solo, ma Spalletti teorizza anche che lamentarsi è da sfigati e se non c’è il centravanti per squalifica, se gli mancano due centrocampisti per infortunio, non sta lì a menare il terrone (come avrebbe detto Michele Fusco) ma fa di necessità virtù. Anzi, fa l’allenatore. Che bella parole. Come cuoco.

Il Napoli ha un allenatore, e si vede. Quattro vittorie consecutive in campionato, primo posto a punteggio pieno. Rispetto delle gerarchie ma si è sempre pronti a sovvertirle come dimostrato stasera con Rrahmani al posto di Manolas e anche a Leicester dove ha fatto uscire Insigne. Perché Spalletti lui allena il Napoli, non alcuni calciatori.

Peccato per lui che Spalletti non goda della ultraprotezione mediatica di cui invece godeva il precedente tecnico. Anche se poi la comunicazione è importante, ma non può fare miracoli. È sempre il campo a parlare.

Venendo alla spicciola cronaca, il Napoli ha dominato e vinto 4-0 contro l’Udinese che fin qui era imbattuta in campionato. Non c’è stata partita. La squadra di Spalletti ha segnato due reti nel primo tempo: con Osimhen che ha adagiato in rete uno splendido pallonetto di Insigne ben lanciato da Mario Rui che ha colto per la seconda volta in pochi minuti la difesa friulana in ritardo. Poi, il raddoppio su schema di calcio di punizione. Uno schema meraviglioso, da cartoni animati. Quattro tocchi e rete di Rrahmani. In mezzo, il palo di Fabian Ruiz (lui, il brocco) e l’Udinese annichilita. Il terzo gol ancora su schema di calcio da fermo: corner corto, poi lungo alla ricerca di Fabian (sempre il brocco) pallone appoggiato all’indietro per Koulibaly che ha scaraventato in porta. Il quarto, nel finale, di Lozano (come si dice tiroaggiro in messicano?)

È tornata la luce su Napoli. È lunga, può finire in mille modi, ma si parla di calcio e si guarda giocare a calcio. Una parte di Napoli se lo meritava dopo diciotto mesi di sofferenza.

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