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Robecchi: bravi gli atleti italiani, ma scambiare le medaglie per riscossa etica e sociale è ridicolo

Su Il Fatto Quotidiano. La politica non perde occasione per saltare sul podio insieme ai campioni, ma anche le cronache sportive esagerano. Abbiamo un problema con la retorica 

Robecchi: bravi gli atleti italiani, ma scambiare le medaglie per riscossa etica e sociale è ridicolo
archivio Image / Atletica / Lamont Marcell Jacobs / foto Imago/Image

Nella sua rubrica su Il Fatto Quotidiano (‘Piovono pietre’), Alessandro Robecchi affronta il rapporto tra sport e propaganda. Punta il dito contro la politica, che da sempre non perde occasione per saltare sul podio insieme ai campioni. Ma anche sulla cronaca sportiva. In Italia, dice, abbiamo un problema con le parole, con la retorica.

“Houston, abbiamo un problema. Abbiamo un problema con l’epica, la retorica, le parole per dirlo. Insomma, esageriamo un po’, ecco, niente di male, se non fosse che il linguaggio è abbastanza rivelatore, e quindi eccoci improvvisamente –a ondate –a cercare l’orgoglio nazionale dove si può e si riesce”.

Una medaglia d’oro è un vittoria pazzesca, fa sentire migliori tutti, rappresenta una gioia condivisa, scrive, ma è ridicola “l’equazione banalotta e facile” che sembra piacere a tutti: “vinciamo e quindi siamo un Paese vincente – finalmente!“.

Lo sport è sempre stato motore di propaganda politica, continua, ma in Italia si fa fatica a trovare parole misurate anche nelle cronache sportive.

“Insomma, non voglio esagerare nemmeno io, ma che lo sport sia motore di propaganda non è certo cosa nuova, il tentativo di saltare sul podio insieme ai campioni per prendersi dei meriti senza aver sudato nemmeno cinque minuti è un classico di ogni tempo. Resta il fatto: ciò che rimproveriamo alla vita politica e al dibattito pubblico, cioè di essere dominati dalle tifoserie, di essere orgogliosamente anti-oggettivi, si riflette perfettamente nelle cronache sportive. Il fallo di un nostro giocatore è un fallo, quello dell’avversario è un attentato terroristico che “voleva fare male”. Gli altri vincono, noi trionfiamo. Gli altri sono bravi atleti, i nostri sono mostri, giganti, immensi gladiatori, e via così, in un’ordalia verbale in cui si sprecano parabole belliche, retoriche nazionaliste, narrazioni trionfali dove l’epica è costruita lì per lì, a volte addirittura attribuita a poteri superiori e disegni celesti. Non siamo lontani, in certe cronache che debordano dalle pagine dello sport, dal vecchio “Dio è con noi””.

E se solo si cerca di sfuggire al coro unanime, si viene accusati di essere rosiconi.

Robecchi conclude:

Hurrà per le medaglie, evviva, ma scambiarle per riscossa etica, morale, politica, economica, sociale, non sarà un po’ troppo?“.

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