ilNapolista

«L’inchiesta sul crollo del Morandi non è come le altre, non c’è spazio per parole fuori luogo»

Il procuratore di Genova Cozzi a Repubblica: «Sono emerse intollerabili omissioni che hanno causato il disastro. Chi doveva agire non ha agito»

«L’inchiesta sul crollo del Morandi non è come le altre, non c’è spazio per parole fuori luogo»

Oggi ricorre il terzo anniversario del crollo del Ponte Morandi. Era il 14 agosto 2018. Una tragedia che cancellò le vite di 43 vittime che andavano o tornavano dalle vacanze o dal lavoro. Persone sparite sotto un viadotto crollato all’improvviso per – si è scoperto – incuria e superficialità da parte di chi avrebbe dovuto gestirlo. Oggi Repubblica intervista l’ex procuratore di Genova, Francesco Cozzi: ha seguito lui l’indagine prima di andare in pensione, il primo luglio scorso. Non si tratta di un’inchiesta qualunque, spiega.

«Qui stiamo parlando di persone, di vittime, di innocenti. Gente che andava a lavorare o in vacanza, affidandosi a qualcuno che avrebbe dovuto garantire la sua sicurezza. Siamo di fronte a persone che vivevano nella loro normalità, facevano affidamento sulla solidità delle strutture che pagavano. Non è il caso del pedone che attraversa fuori dalle strisce e viene investito. Questa non è un’inchiesta qualunque: qui sono e saranno sempre inammissibili parole fuori posto, commenti inutili, risate».

Elogia la grande dignità dei familiari delle vittime.

«In questi anni mi ha colpito l’altissima dignità civile, con cui hanno vissuto il loro dolore e la loro sofferenza».

Racconta il suo rapporto con loro durante l’inchiesta.

«In alcuni casi ci sono stati anche da pungolo, facendoci scoprire cose che non erano a nostra conoscenza. Ma soprattutto abbiamo avvertito il dovere nei loro confronti di accertare la verità, e credo che questo lavoro che abbiamo fatto, almeno questo, ripaghi le loro legittime aspettative».

Qual è la verità sulle cause della tragedia?

«Qual è la verità alla fine lo stabilirà il processo, che dovrebbe iniziare nel primo semestre 2022 dopo la decisione sui rinvii a giudizio ma secondo noi che abbiamo condotto le indagini, è emersa una catena di omissioni intollerabile che ha causato il disastro. Non c’erano società in difficoltà economiche, i bilanci erano sotto gli occhi di tutti. Chi doveva fare non ha fatto».

Definisce l’inchiesta come un’inchiesta pilota sul piano tecnologico.

«A parte i mezzi classici come perquisizioni, intercettazioni, è stato approntato un enorme apparato di strumenti informatici che ci ha consentito di selezionare materiale sia documentale, sia digitale, e di scavare a fondo nelle memorie dei cellulari».

Dopo la tragedia ritiene che il tema delle manutenzioni sarà affrontato diversamente da chi deve gestirlo?

«Abbiamo dovuto aprire diversi filoni d’indagine, dalle gallerie ad altri viadotti, ai pannelli anti-rumore, perché i problemi sono venuti fuori indagando sulla tragedia. Io credo che questo abbia rappresentato un punto di svolta: abbiamo fatto da pungolo al ministero che in passato aveva svolto controlli, diciamo così, blandi. È triste dirlo, ma dalle tragedie a volte impariamo le regole».

ilnapolista © riproduzione riservata