Intervista al Giornale: «Era un grandissimo osservatore delle persone e questo era il suo dono più grande, gli conferiva gentilezza e spirito di accettazione degli altri esseri umani»
Il Giornale intervista Jean Schulz, moglie di Charles, l’inventore di Charlie Brown, scomparso nel 2000. Racconta che il marito aveva un soprannome, Sparky, scintilla. Glielo aveva affibiato lo zio quando era neonato perché gli sembrava somigliasse al cavallo Spark Plug del fumetto Barney Google.
«Era una persona curiosa, un grandissimo osservatore delle persone e questa capacità di osservazione era il suo dono più grande, gli conferiva gentilezza e spirito di accettazione degli altri esseri umani. Osservava tutto quello che accadeva intorno a lui, aveva opinioni molto forti e idee ben precise su cosa gli piaceva che cosa non gli piaceva, ma accettava le persone e il mondo per come erano. Non era un aspetto molto conosciuto del suo carattere. Credo ci fosse molta grazia in questo suo modo di essere».
La sua capacità di osservazione traspare anche nei Peanuts.
«Vero. Sono curiosi sulle cose del mondo, come lo sono tutti i bambini, e ne parlano fra loro. A parte Lucy forse, che dà a suo fratello informazioni sbagliate, tipo che la pioggia cade in su e non in giù, tutti gli altri si interessano, sono curiosi di cosa succede intorno a loro. E Sparky era come loro».
Umberto Eco, una volta, paragonò Schulz ad un poeta per la sua «capacità di portare tenerezza, empatia e cattiveria a momenti di estrema trasparenza».
«Eco disse che Charles Schulz era in grado di usare il linguaggio ordinario, di tutti i giorni, per esprimere la sua arte. Trovai quel concetto molto vero. Quando era al lavoro Sparky aveva una straordinaria cura nel cercare le parole giuste, il suo lavoro sembrava perfettamente naturale, ma in realtà pensava ad ogni particolare, a ogni parola, persino al loro ordine, si chiedeva: è meglio scrivere “un giorno solo” o “solo un giorno”?»
Le viene chiesto se ha un Peanut preferito. Indica Sally.
«Ho adottato Sally. Credo che sia dovuto al fatto che una volta chiamai Sparky “my sweet baboo” (mio dolce tesorino n.d.r.). Non so da dove mi è venuto o perché l’ho detto, fatto sta che Sparky lo ha messo in una delle sue strisce, in bocca a Sally. Da quel momento, guardando Sally, vedo qualcosa di me in lei e in effetti io sono un po’ come lei, come lei sono molto sensibile alle ingiustizie e tendo a distrarmi».