Invitalia aveva previsto un investimento di 81 milioni, bloccati dalla Corte dei Conti. Il progetto perde i fondi per le ultime fasi di sperimentazione

“Quella di Reithera, il vaccino italiano che però parla svizzero, è una storia sbagliata. Emblema di una strategia vaccinale, almeno sul piano produttivo e della ricerca, tutta da rifare. Perché mentre Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania puntavano miliardi sui vaccini vincenti, noi sul piatto abbiamo messo poche fiches e tutte sulle caselle sbagliate”.
Lo scrive La Stampa, in un’ampia pagina dedicata oggi a quello che avrebbe dovuto essere il primo vaccino italiano anti-Covid appartenente alla famiglia di quelli a vettore virale. In realtà è stato solo presentato come italiano, chiarisce il quotidiano, visto che è “sperimentato da una azienda controllata al 100% dalla società svizzera Keires e con un management legato a doppio filo con il gigante farmaceutico britannico Glaxo”.
Tutto nasce a marzo 2020, quando l’ospedale Spallanzani chiuse un accordo con ReiThera per avviare la sperimentazione del vaccino.
“Per farlo riceve 5 milioni dalla regione Lazio e 3 dal Cnr. In tutto 8 milioni di euro. Gli unici fino a qui sborsati dall’Italia per la ricerca di un vaccino anti-Covid contro il miliardo e 200 milioni di dollari messi sul piatto dagli Usa per portare a termine le sperimentazioni sugli antidoti a Rna messaggero che ora dominano i mercati, 900 milioni di sterline investite dalla Gran Bretagna per AstraZeneca che comunque è venuto alla luce, 400 milioni spesi dalla Germania per creare uno stabilimento nuovo di zecca della sua Biontech e alzare la soglia di produzione del vaccino co-firmato con Pfizer. Mentre la Francia, visto fallire il progetto della sua Sanofi, non ha esitato un attimo a imporre all’azienda, finanziandola, di mettersi a produrre l’antidoto dell’americana Pfizer”.
Il 30% del capitale sociale dell’impresa laziale viene acquistato da Invitalia, di cui, all’epoca, era amministratore delegato il commissario Domenico Arcuri.
“L’ex commissario ha in borsa 380 milioni di euro stanziati con il decreto di agosto per mettere piede dentro aziende considerate strategiche nella lotta al Covid. Ma passano i mesi e fino alla fine del 2020 a Reithera non arriva il becco di un quattrino. Poi a gennaio di quest’anno la svolta. Viene siglato l’accordo, bocciato a maggio dalla Corte dei Conti, che destinerebbe all’azienda 81 milioni di euro per avviare la fase due della sperimentazione. Quella un po’ più allargata sull’uomo dalla quale però presto si sfilerà lo Spallanzani, senza mai giustificarne il motivo”.
I magistrati della Corte dei Conti contestano il fatto che l’investimento non può comprendere l’acquisto di una sede operativa e che le spese non sono ammissibili
“«per le finalità generali, produttive o di ricerca, anche per conto terzi, come si evince invece nel progetto presentato». Rilievi che si sarebbero potuti aggirare riformulando il contratto quadro. Ma fino ad ora il Mise di Giorgetti non ha mosso foglia”.
La prossima settimana Reithera presenterà i dati della fase 2 che indicano che sono stati rilevati anticorpi nel 92,5% della quota di vaccinati.
“Ma l’azienda sa che non sarà facile trovare gli ingenti finanziamenti per la fase 3 di un vaccino della famiglia a vettore virale sulla quale nessuno più punta”.