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Napoli Ancelotti lo caccia. Il Real Madrid se lo riprende

De Laurentiis ha fatto pagare a lui l’ammutinamento. In realtà ha pagato il Napoli e i suoi bilanci. Ora è tornato nel calcio che gli compete

Napoli Ancelotti lo caccia. Il Real Madrid se lo riprende

Carlo Ancelotti al Real Madrid. L’allenatore esonerato a Napoli – vittima di una congiura dirigenziale all’insegna del tradimento e dell’incompetenza calcistica – torna nel club più prestigioso della storia del calcio. In quel Madrid che lui ha condotto alla conquista della Dècima, la decima Coppa dei Campioni del club. Florentino Perez ha voluto lui per il burrascoso dopo Zidane, peraltro con un futuro incerto legato alle decisioni della Uefa. Quando il mare è in tempesta, non c’è capitano migliore di Carlo Ancelotti. La pensano così in tutto il mondo. Tranne che a Napoli.

Facendo un paragone ippico, possiamo dire che la corsa alla panchina del Madrid è venuta bene ad Ancelotti. Ha saputo correre coperto. Ha lasciato che altri si esponessero al vento, rompessero per il ritmo troppo alto o per presunzione. E al momento opportuno, quando il clima si è infuocato dopo la lettera di Zidane, è uscito prepotente in retta e ha vinto.

Carlo Ancelotti è un investimento di lusso. È un uomo che vive di calcio da quarant’anni. Che ha attraversato questo mondo sempre con lo stesso stile, con la stessa eleganza. In campo e in panchina. Mai sopra le righe. E con una competenza coltivata giorno per giorno. Senza fermarsi a guardare indietro, senza cullarsi sugli allori, lui che potrebbe eccome. Sapendo che c’è sempre da imparare. Da chiunque e in qualsiasi momento.

Anche all’Everton, sia pure con un decimo posto finale che ha lasciato l’amaro in bocca, ha fatto bene. In diciotto mesi, ha tirato il club fuori dalle secche della zona retrocessione e lo ha portato addirittura in testa alla classifica, a vincere il derby fuori casa dopo oltre vent’anni, a battere squadre come Chelsea, Leicester, Tottenham. Ha ampliato l’orizzonte del club.

Ragionamento che vale anche per Napoli. Da noi, ambiente abituato a guardarsi l’ombelico e a credere di essere il centro del mondo (mentre ahinoi siamo profonda periferia), la gestione di Ancelotti è stata giudicata fallimentare. Pronti ad esultare per un quarto posto poi sfumato, Napoli ha dimenticato il secondo posto della prima stagione. Così come non ha tenuto in alcuna considerazione le due vittorie sul Liverpool, la superba prestazione di Parigi contro il Psg. Nonché la qualificazione agli ottavi di Champions ottenuta in pieno post-ammutinamento. Da noi l’Europa è considerata un orpello.

Ovviamente vanno distinti i piani. Da un lato l’ambiente; dall’altro la società. Non è responsabilità dell’ambiente se De Laurentiis ha smarrito la bussola nella seconda stagione di Ancelotti; se ha preferito ascoltare consigliori confusi e/o subdoli (e siamo molto buoni, non abbiamo scritto “in malafede”); se ha preferito giocatori sopravvalutati all’unico fuoriclasse che aveva. Dopo l’ammutinamento, il presidente ha scelto la strada più semplice: far pagare il solo che non c’entrava niente. In realtà a pagare è stato il Napoli, è stata l’azienda di De Laurentiis. Che è finita per due stagioni consecutive fuori dalla Champions. E ora si ritrova con un rosso di bilancio. E con gli stessi nodi gestionali che aveva due anni prima, ma che il presidente non ebbe il coraggio di affrontare ascoltando i suggerimenti di Ancelotti.

Passare da Ancelotti a Gattuso è stato un esercizio di autolesionismo in purezza.

L’ambiente. Ahinoi Napoli – i tifosi del Napoli – ambisce a identificarsi con il tecnico della squadra del cuore. Il tifoso vuole ritrovare in panchina i tratti di quella gregarietà che spesso contraddistingue la propria esistenza. Ancelotti da questo punto di vista era certamente l’uomo sbagliato. Conta la forma, non la sostanza. Perché in sostanza Ancelotti è un uomo del popolo, figlio di contadini. Ma viene percepito diversamente perché ha vinto, e tanto. Da noi il curriculum è considerato qualcosa di cui diffidare. Venne a Napoli per scelta, non per utilizzarla come trampolino. Perché amava la città e ovviamente considerava forte la squadra. Ma l’ambiente Napoli adora essere preso per i fondelli. Adora innamorarsi delle persone abili a proiettare di sé un’immagine che non esiste.

Ad Ancelotti hanno detto di tutto. Che era venuto a prendere la pensione. Che era venuto a sistemare il figlio Davide. Non ha mai fatto una piega. Ha difeso Napoli mettendo il tema razzismo al centro della scena politica calcistica (e non solo) nazionale. Ponendo pubblicamente la questione arbitrale. Così come non ha proferito parola dopo il licenziamento.

Travolti da tifosi incompetenti e da una stampa compiacente – a Napoli come a Milano – ci siamo dovuti sorbire diciotto mesi di Gattuso, all’insegna di una mediocrità in cui buona parte dell’ambiente Napoli si è potuta finalmente specchiare.

Peccato. Napoli e il Napoli hanno perso un’occasione storica. La responsabilità è ovviamente di De Laurentiis. Ce l’avevamo noi l’allenatore del Real Madrid, lo abbiamo cacciato. Guardiamo avanti. Almeno adesso abbiamo Spalletti un tecnico vero con cui provare a costruire.

Facciamo ad Ancelotti i più sentiti in bocca al lupo. Se li merita. È tornato nel calcio che gli compete.

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