De Zerbi: «Chi ha giocato con il Napoli e con il Cluj, è pronto a qualsiasi esperienza»

Al CorSport: «Lì ho avvertito un mutamento umano e professionale che mi ha segnato, migliorandomi. La Serie A impreziosita da Mou. Allegri, Sarri e Spalletti».

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Il Corriere dello Sport intervista Roberto De Zerbi. Ha firmato un contratto con lo Shakhtar, abbandonando la Serie A dopo l’esperienza al Sassuolo.

«Perché volevo rimettermi in gioco. Perché voglio crescere. Perché al Sassuolo ero arrivato – secondo me – al punto più alto del progetto. Perché intendo imparare a gestire tre partite settimanali con organici ricchi di stranieri e misurarmi con una lingua nuova. Perché voglio diventare padrone dell’inglese».

Motiva la scelta dello Shakhtar.

«Perché sono stati quelli che mi sono apparsi più vicini al mio modo di pensare il calcio. E perché nessuno più di loro mi ha dato la sensazione di potermi completare ulteriormente».

De Zerbi racconta di aver chiamato Paulo Fonseca per farsi dare dei consigli sulla squadra. Di avere avuto contatti con club italiani, prima di scegliere l’Ucraina.

«Lo Shakhtar mi è sembrata la collocazione più aderente alla mia identità e il club che rappresenta la mia filosofia. C’è una società che ha una sua storia e vuole impreziosirla ulteriormente».

I soldi non c’entrano.

«Che non si dica, come ha scritto qualcuno, che l’ho fatto per soldi. Sciocchezze! Restando qua, avrei guadagnato le stesse cifre».

Sul suo passato:

«Ho giocato ovunque ma chi ha avuto modo di farlo con il Napoli e con il Cluj può essere pronto a qualsiasi esperienza. Io lì, tanto al Napoli quanto al Cluj, ho avvertito un mutamento umano e professionale che mi ha segnato, migliorandomi. E mi è andata benissimo anche da allenatore, perché non dimentico ciò che ho ricevuto da Oreste Vigorito e da Giovanni Carnevali: quello che sono lo devo innanzitutto a loro. A Benevento retrocedemmo ma lo facemmo tra gli applausi della gente, cinque minuti indimenticabili. E con il Sassuolo siamo stati capaci di cogliere risultati straordinari in un contesto che si può definire esemplare».

Un solo rammarico: che in Serie A quest’anno torneranno Allegri, Mourinho, Sarri e Spalletti.

«E devo dire che mi spiace privarmi di un così elevato confronto con colleghi dei quali ho il massimo rispetto e una stima assoluta. Stiamo parlando di quattro allenatori da inserire nella categoria dei top, alla quale appartengono pure Gasperini e Pioli. Con loro diventa più vivo un campionato nel quale, poi, ci sono in panchina altre figure emergenti. La Serie A si impreziosisce delle loro culture di personalità così forti con le quali incrociandosi ci si arricchisce».

Quanto incide un allenatore su un gruppo?

«Una grande squadra non è tale se non viene guidata da un grande allenatore. Ma un allenatore non ha percezione della sua statura senza il sostegno di grandi giocatori. E mettere insieme tanti giocatori senza che a dirigerli sia un grande allenatore può essere un rischio».

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