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“Io ho vinto tutto, grazie, ciao”. Il semi-addio in singolare maiestatis di Cristiano Ronaldo

Su Instagram l’ultimo saluto egoriferito del campione individualista, che fa finta di parlare della Juve ma alla fine elenca il suo dominio sul calcio europeo

“Io ho vinto tutto, grazie, ciao”. Il semi-addio in singolare maiestatis di Cristiano Ronaldo

C’è un vecchio sketch di Checco Zalone in cui imita il cantante dei Negramaro, Giuliano Sangiorgi. Prima canta “lu pollu cusutu ‘nculu” e poi risponde alle interviste a nome del gruppo sempre in prima prima persona: “Io Negramaro…”. Cristiano Ronaldo ha dato il suo semi-addio alla Juve – accennato, sibillino, criptico e quindi quasi ufficiale – usando la stessa grammatica: il singolare maiestatis. Trecentosettantre parole (le ha contate il Daily Mail che ci apre la sua pagina sportiva) per dire “io Juve”. Io abbiamo fatto questo, io abbiamo vinto quest’altro.

Certo, scrive, in questi anni a Torino ha vinto lo scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa, ma soprattutto l’obiettivo che si era prefissato (parole sue): essere il miglior giocatore della Serie A e il Capocannoniere “in questo grande Paese pieno di calcio, con giocatori straordinari, club giganti e una cultura calcistica molto particolare”.

“Ho già detto che non inseguo i record, ma i record inseguono me” – continua attingendo al  Manuale della modestia di Zlatan Ibrahimovic – “il calcio è un gioco collettivo, ma è attraverso il superamento individuale che aiutiamo le nostre squadre a raggiungere i loro obiettivi”.

E arriva al punto, l’elencazione di tutti i suoi primati:

“Campione in Inghilterra, Spagna e Italia; vincitore della Coppa in Inghilterra, Spagna e Italia; vincitore della Supercoppa in Inghilterra, Spagna e Italia; miglior giocatore in Inghilterra, Spagna e Italia; miglior realizzatore in Inghilterra, Spagna e Italia; oltre 100 gol per un club in Inghilterra, Spagna e Italia”.

Una processione di carrarmatini del Risiko, alla conquista dell’Europa tutto da solo.

 

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Nel mentre Instagram, e i quotidiani a rimorchio, esplodevano di punti interrogativi (“è il suo addio?”, “davvero se ne va?”, “e mo come facciamo?”, “9×9 farà 81?”), lui insisteva sui puntini sulle i: la Juve non avrà vinto quel che doveva vincere ingaggiando lui (la Champions), ma a livello personale non è andata malaccio.

E’ l’epilogo coerente della stagione più egoriferita della carriera del più individualista campione del calcio moderno: la trasformazione da leader magnetico a quello insopportabile del lunedì sera al calcetto. Che si lamenta coi compagni che non gli passano il pallone mentre vincono una partita (quella col Genoa) di cui a lui in verità non frega granché. Che decide ogni tanto di restare fuori dalla tenzone (l’aveva fatto con l’Atalanta, l’ha rifatto all’ultima giornata col Bologna) perché “sono stanchino, oggi mi scoccio”. Tanto il suddetto elenco di fatti suoi l’aveva già stilato e affidato al social media manager.

“Grazie a tutti coloro che hanno preso parte a questo viaggio! Stiamo insieme!”, ha concluso il post. Un cliffhanger banalotto, che i più hanno interpretato per quel che è: il saluto annoiato della rockstar che lascia il palco. “Ciao Italia”, quella roba lì.

“Io Juve”, anche basta. E’ tempo di liberarsi delle zavorre. Ronaldo è Io. Io e basta.

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