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La Superlega e il precedente nel basket che non ha insegnato nulla

Un simile conflitto istituzionale nello sport era accaduto nel 2015, ma a parti invertite. All’epoca la Commissione Europea non diede seguito alle denunce

La Superlega e il precedente nel basket che non ha insegnato nulla

Seguendo l’evoluzione legislativa italiana in materia di sport, cominciata in maniera significativa negli anni Ottanta, emerge in modo chiaro come la maggior parte degli impulsi che poi hanno portato all’elaborazione di una disposizione arrivino dal calcio. I motivi si collegano principalmente ad un impatto economico di livello, che ha richiesto prima di altre discipline una forte regolamentazione: dal lavoro alla libertà di trasferimento dei professionisti comunitari, dallo scopo di lucro agli agenti sportivi e così via. Le forme di questo fenomeno hanno avuto tratti più o meno simili nei Paesi in cui il calcio ricopre il ruolo di sport più seguito, eppure le grandi istituzioni si sono fatte cogliere alla sprovvista, o comunque non hanno trovato le misure preventive adatte, quando è stata annunciata la creazione di una Superlega.

La sensazione di sgomento e di sorpresa, soprattutto sul piano giuridico e istituzionale, si è diffusa con vigore in concomitanza all’annuncio dei principali club di Italia, Spagna e Inghilterra. L’impressione è che, al netto di tante minacce più o meno velate, l’Uefa e a cascata le singole federazioni non abbiano a disposizione gli strumenti coercitivi adatti per evitare la scissione. La nascita di una lega esclusiva aperta solo alle squadre più prestigiose è un dibattito che non nasce di certo ora e non appartiene soltanto al calcio. Il ritorno d’attualità è da ricondursi al default economico della pandemia, che ha creato in molti casi perdite proporzionali alla grandezza delle società.

Da questo punto di vista, nel basket si è verificato l’esempio più recente e clamoroso. La disputa tra la Fiba (federazione internazionale di basket) e l’Uleb (un’associazione i cui soci sono i principali club europei) per le coppe europee si svolgeva in modo simile tra il 2015 e il 2016 ma a parti inverse: l’invasione di competenze fu fatta dall’ente “pubblico” nei confronti di quello privato, un contesto in cui un torneo che funzionasse unicamente secondo i meriti sportivi era quello inedito. La Fiba infatti decise di promuovere la Basketball Champions League e ricattare giocatori e club affinché disertassero l’Eurolega, minacciandone l’esclusione dagli Europei del 2017. Non servì a molto, perché nei primi mesi di quell’anno le squadre di diversi paesi (Italia, Francia, Turchia su tutti) presero posizione in favore del binomio Eurolega-Eurocup di Uleb attraverso dei contratti di partecipazione garantita a queste competizioni.

La lite è proseguita davanti alla Commissione Europea, dove entrambi gli enti hanno presentato denuncia. La Fiba ha addotto che una simile associazione a numero chiuso avrebbe inevitabilmente minato la concorrenza nel mercato a causa della posizione dominante; l’Uleb d’altro canto ha fatto presente che il monopolio della Fiba nell’organizzazione di competizioni per nazionali non potesse essere usato come strumento per lanciare il proprio torneo per club. Nonostante la Commissione non abbia mai provveduto ad aprire un’indagine ufficiale sulla questione (ma per lo scontro Uefa-Superlega potrebbe muoversi concretamente), ciò che risulta è che la Superlega di calcio dovrà dimostrare che il progetto non ha soltanto la funzione di dare ricchezza ad un ristretto gruppo di partecipanti. L’importanza della causa potrebbe comportare l’intervento della Corte di Giustizia Europea, che al momento sembra l’unico ente in grado di poter dire l’ultima parola sulla questione.

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