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La maestra vittima del revenge porn ha avuto giustizia, condannata la preside che la licenziò

Condannate anche una collega della giovane ed una mamma. «Sono soddisfatta. Vorrei tornare ad insegnare ma c’è sempre il marchio di questa storia»

La maestra vittima del revenge porn ha avuto giustizia, condannata la preside che la licenziò

Il tribunale di Torino ha messo un punto alla vicenda della maestra torinese vittima di revenge porn. Nel 2018 la docente, giovanissima, ha perso il lavoro per colpa dell’ex fidanzato che aveva pubblicato nella chat del calcetto alcune sue foto e video compromettenti. La sua dirigente scolastica la aveva costretta a lasciare il lavoro. Era stata messa alla gogna da colleghe ed opinione pubblica. Ieri sono arrivate le condanne e la sua vittoria. 13 mesi di reclusione alla dirigente scolastica che la licenziò, 8 mesi ad una
collega ed un anno alla mamma di un’alunna, che aveva inoltrato gli scatti ad alcune amiche.

Oggi Repubblica Torino intervista la maestra. Si dice soddisfatta, anche se sa che ci sarà l’appello.

«A livello personale non mi sento risarcita, però ho la soddisfazione che adesso almeno la verità è uscita fuori, certo ci sono voluti anni».

Non era un risultato scontato, per lei.

«Ero convinta, quando questa storia è iniziata, che molte persone chiamate a testimoniare avrebbero potuto non raccontare esattamente le cose come sono andate».

In aula è stato difficile, racconta,

«ma io ho sempre guardato in faccia chi è stato chiamato davanti al giudice, anche questa è stata una soddisfazione: non avevo nulla da nascondere e i loro sguardi non potevano più farmi del male».

Denunciare è stata una liberazione, ma la sua vita è cambiata.

«Nulla è più come prima, non solo perché ho perso il lavoro, ma anche perché è stato difficile superare quella sensazione che ancora oggi ogni tanto provo di poter essere giudicata. Per questo non mi curo più come prima, anche solo indossare un vestito corto, una minigonna, mi crea disagio».

Ora vorrebbe solo tornare ad insegnare.

«Il mio obiettivo è quello. Ma è difficile perché quando chiedono referenze c’è sempre il marchio di questa storia».

Per ora nessuna scuola l’ha chiamata

«Forse davvero questa storia continua a intimorire».

Fa la babysitter. Dice di non provare rancore per chi l’ha umiliata, sente la coscienza pulita. Ma nessuno le ha mai chiesto scusa.

«Non mi hanno mai chiesto scusa, se lo facessero le accetterei, ma sinceramente non cambierebbe nulla».

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