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“Non odiare”, è la scelta individuale di ognuno di noi che può fermare o rinfocolare la forza dell’odio 

Il primo film alla regia di Mauro Mancini, proveniente da Venezia77. Con la fotografia asfissiante di Mike Stern Sterzyński e le musiche dolenti come ferite di Pivio e Aldo De Scalzi 

“Non odiare”, è la scelta individuale di ognuno di noi che può fermare o rinfocolare la forza dell’odio 
In occasione della Giornata della Memoria proponiamo, proveniente da Venezia77, “Non odiare” il primo film alla regia di Mauro Mancini che con Davide Lisino – e partendo da un fatto di cronaca reale – disegna le vicende del chirurgo triestino Simone Segre (Alessandro Gassmann) che trovandosi a soccorrere un uomo vittima di un incidente stradale dopo un conflitto a fuoco, pur chiamando i soccorsi, si rifiuta di fermargli il sangue, perché scopre dai tatuaggi che è un emulo nazista.
Seguendo la vicenda di cronaca che ne nasce il Segre scopre che i familiari del morto sono in cattive acque ed aiuta l’inconsapevole figlia Marica (Sara Serraiocco) offrendole un lavoro di pulizia nella sua casa.
Marica è costretta a barcamenarsi perché deve mantenere il fratello più grande Marcello (Luca Zunic) ed il fratellino Paolo (Lorenzo Bonora).
Il film che gode di una fotografia asfissiante di Mike Stern Sterzyński e di musiche dolenti come ferite di Pivio e Aldo De Scalzi va avanti su un registro narrativo parallelo con i due protagonisti divisi da tutto ma accomunati dalle colpe dei padri che pesano sulle loro azioni odierne, sullo sfondo c’è una Trieste splendida e divisiva. Simone ha un padre che ha un passato di ambiguità, mentre Marica ha da scontare i debiti contratti dal genitore. Inoltre la ragazza, volitiva, deve attendere a Marcello – anch’egli fervente nazista – ed all’altro fratello che è in quel tempo bambinesco dove non si è ancora definiti.
Nel susseguirsi delle vicende drammatiche che vedranno contrapporsi Simone e Marcello, Marica ed il chirurgo avranno modo di sostenersi come persone bisognose di umanità.
La Serraiocco – già notata da noi ne “Lo spietato” per un’interpretazione magistrale della moglie del mafioso calabrese – si conferma speranza solida del nuovo cinema italiano. Il finale aperto voluto da Mancini riassume non banalmente il senso dell’intero film: è la scelta individuale di ognuno di noi che può fermare – o rinfocolare – la forza abrasiva dell’odio.
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