Se fosse solo un problema di veleno sarebbe facile risolverlo, ma c’è dell’altro. L’assenza di un’identità di gioco e di continuità nelle prestazioni, l’ostinato desiderio di non spogliarsi delle proprie certezze tattiche
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“Se fosse semplicemente un problema di veleno, sarebbe persino facile risolverla: e però intorno al Napoli, anzi dentro, c’è dell’altro, perché persino i numeri vanno letti e semmai analizzati”.
Gli attaccanti hanno difficoltà a segnare, i gol sprecati raccontano il loro “disagio”. E se la sconfitta con lo Spezia
“rientra tra la casualità, i quattro punti nelle ultime cinque rappresentano la soglia del terrore. Perché il Napoli, nell’ultimo mese, è franato su se stesso, si è perso, ha smesso di riconoscere la sua stessa entità di squadra, ha lasciato che il proprio talento germogliasse poi sfiorisse, a pochi metri da quella linea bianca, la sottile frontiera tra il tormento e l’estasi”.
E poi la sentenza:
“Il Napoli è tutto ciò che ha abbondantemente confessato con lo Spezia, altro che Penelope: in porta ci arriva, però poi spreca, demolendosi”.
Nei 13 mesi di gestione di Gattuso
“varie cose sono cambiate, per restare terribilmente immutabile: l’assenza di una identità autentica di gioco, l’incapacità a dare una continuità alle prestazioni – e ai risultati – l’ostinato desiderio di non spogliarsi delle proprie certezze tattiche, rinunciando ad un centrocampista, e piccoli dettagli (Fabian a destra dei due in mezzo al campo) che contribuiscono ad alterare il rendimento dei singoli all’interno del gioco”.