ilNapolista

«Voleva uccidersi per la vergogna, io a quella maestra affiderei ancora mia figlia»

Il Corriere Torino intervista la mamma di una delle alunne della maestra vittima del revenge porn: «Non l’ho mai giudicata. Ogni donna in camera da letto è libera di fare ciò che vuole».

«Voleva uccidersi per la vergogna, io a quella maestra affiderei ancora mia figlia»

Sul Corriere Torino l’intervista alla mamma di una delle alunne della maestra torinese vittima del revenge porn. Ieri, al Corriere della Sera, l’insegnante, appena 22enne, ha raccontato la terribile esperienza della rimozione dall’incarico. Ha confessato di portare addosso un marchio indelebile e di avere paura anche di truccarsi, per non apparire diversa da quello che è.

«Lei è sempre stata splendida con i bambini. Mia figlia l’adorava. E ancora oggi non avrei alcun problema ad affidarle la mia bambina. Non l’ho mai giudicata per quello che è accaduto. Non l’ho fatto come madre, tantomeno come donna. E ritengo che nessuno debba farlo».

La donna ha testimoniato a favore della maestra, in tribunale, a inizio settimana. Ha raccontato di aver parlato al telefono con la maestra, in quei giorni terribili:

«Voleva ammazzarsi per la vergogna. Non dimenticherò mai quella telefonata. Ho avuto paura. Ha sofferto molto e ancora oggi sta lottando con fatica per lasciarsi alle spalle questa storia. È un percorso difficile e per quanto mi è possibile le sono vicina».

Sul suo rapporto con l’insegnante:

«L’ho conosciuta tramite altre mamme e in alcune occasioni le avevo chiesto di badare a mia figlia. Poi lei mi consigliò l’asilo in cui lavorava. Una bella struttura, accogliente e ben gestita. La bambina era felice di andarci, si divertiva molto. La maestra ha sempre avuto tanta fantasia e inventava giochi nuovi per stimolare la creatività dei bimbi. Non ci sono mai stati problemi, neanche con le altre insegnanti».

Dopo l’episodio delle foto, il suo giudizio non è cambiato, dice. E continua:

«Ogni donna in camera da letto è libera di fare ciò che vuole. Chi, come me, è madre sa benissimo come si concepiscono i bambini. Oggi in tanti le manifestano solidarietà, ma all’epoca in molti le hanno voltato le spalle. È una vittima e il suo coraggio deve essere un esempio per chi ha subito o sta subendo analoga violenza. Denunciare è difficile perché vuol dire esporsi al giudizio altrui. Lei lo ha fatto. Ne è valsa la pena? Penso di sì. Rimanere in silenzio e subire non è mai la strada da percorrere».

ilnapolista © riproduzione riservata