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Siamo ancora al “Napoli furbetto”, nemmeno dopo la sentenza il giornalismo sportivo ha capito

Dopo tre mesi la stampa è ancora ferma alla linea Crosetti-Pirlo: Napoli da condannare per aver rispettato le leggi. Pare il soldato giapponese che non si arrende all’idea che la guerra è finita

Siamo ancora al “Napoli furbetto”, nemmeno dopo la sentenza il giornalismo sportivo ha capito

La rassegna stampa sulla sentenza del Coni che ha ribaltato la classifica di Serie A è un esercizio di realismo magico. I fatti, il contesto, la rilettura “storica” degli eventi che quasi tre mesi fa ruppero le logiche da sottoscala del calcio italiano, non contano. Vince, ancora, il romanzo in cui vengono raccontati come normali avvenimenti strani, assurdi, paranormali. La Repubblica, il Corriere della Sera, il Giornale o i titoli di parte della stampa sportiva, sul tema discutono di un mondo in cui la dimensione sensoriale è amplificata. E la realtà è capovolta.

La domanda delle domande se la pone Maurizio Crosetti su La Repubblica:

“Cosa dire, adesso, a quelle società che hanno comunque giocato, pur essendo prive di atleti positivi al coronavirus?”

La risposta veloce, quella troppo sensata per sprecarla così, sarebbe: il Napoli non si è negato la trasferta di Torino perché “priva di atleti positivi”, ma perché pochi giorni prima era finita a stretto contatto con un cluster, il Genoa, che proprio in quelle ore stava esplodendo con venti e passa giocatori contagiati. Il Napoli era potenzialmente un cluster di rimbalzo, e avrebbe potuto riprodurre la catena del contagio a Torino, innescando un meccanismo in autoreplicazione del rischio.

All’epoca – ed è incredibile che a distanza di tre mesi siamo ancora a questo – passò il messaggio per cui il Napoli aveva voluto svicolare, trovando una scusa per non affrontare la temibile avversaria. Così temibile che in quel periodo non batteva il Crotone o il Benevento, comprensibile che il Napoli senza Elmas e Insigne corresse a nascondersi dietro una Asl per evitare il faccia a faccia con una tale corazzata.

La gerarchia delle fonti – una cosa che insegnano al primo giorno di lezione di Diritto Pubblico, al primo anno di Giurisprudenza – ha sfiorato il dibattito mediatico come un alito fastidioso di razionalità, mentre tutti erano impegnati ad indignarsi su altri presupposti. Il discorso alla nazione di Agnelli sul rispetto delle regole, la farsa di una sola squadra in campo, con tanto di pubblico sugli spalti, ad aspettare che il Napoli sbucasse all’improvviso da una saettella. Eccola, la magia, il paranormale, l’assurdo trasmesso in mondovisione col piglio serioso delle cose fatte come si deve. La pretesa di rendersi credibili, di far passare gli altri per pazzi.

Persino le sentenze dei primi due gradi della giustizia sportiva, la seconda in particolare, calcavano la mano sul dolo del Napoli, sottoscrivendo l’ignominia sportiva: avevano paura, cercavano un alibi, l’hanno trovato.

Ora che il Coni ha cancellato questa rovinosa e prolungata deviazione del diritto – l’accordo privato che vale più della sanità pubblica, Paratici che conta come Mattarella – siamo punto e d’accapo: il giornalismo sportivo non s’arrende. Si ostina. Pare Hiroo Onoda, il soldato giapponese barricato nella giungla che nessuno aveva avvertito che la Prima Guerra Mondiale era finita trent’anni prima.

Per cui, di nuovo, Crosetti si chiede:

“Cosa dire del Genoa, penalizzato nella gara contro il Napoli che poi la settimana dopo non si presentò a Torino e della Juve scesa in campo senza CR7 e del Milan senza Ibra?”

E cosa dire… Il Genoa ha recuperato la partita col Torino, giocandosi il ridicolo jolly che il calcio italiano aveva inventato appositamente per non far esplodere Preziosi, e la Juve e il Milan hanno giocato senza i loro campioni positivi come poi hanno fatto tutte le altre squadre, Napoli compreso. Che cosa c’entra, esattamente? Niente. Ma è la “linea Pirlo”, che nel post-disastro Fiorentina non ha resistito a ergersi paladino di tutta la povera Serie A che con tanto sacrificio ha giocato a pallone, mentre la gente fuori moriva: “Una sentenza ingiusta per le altre squadre che sono state prese in giro e hanno viaggiato, giocato e perso punti con i malati di Covid”.

E’ la narrazione magica di cui si diceva. Per Il Giornale “si avalla l’ipotesi che i furbetti la fanno sempre franca”. E per il Corriere della Sera “De Laurentiis esce da vincitore, ma non cancella la sensazione che un po’ ci abbia marciato”. Sono solo esempi.

Anche dopo una sentenza terza che fa carta straccia delle precedenti due, ribadendo “il passo più lungo della gamba” di quella d’appello firmata Sandulli, la barricata della stampa sportiva non si rompe. A difesa della stessa teoria dei mesi precedenti: il giocattolo deve andare avanti, e per farlo andare avanti si fa quel che si deve. Il Napoli ha fatto “il furbetto”, rispettando le leggi. Un ossimoro evidente a tutti, ma non al soldato giapponese trinceratosi nella giungla.

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