A La Stampa il fattorino assunto a tempo indeterminato grazie alla sentenza del Tribunale di Palermo: «Ho lavorato fino a notte senza mangiare e usando il marciapiede come bagno. Perché dobbiamo essere trattati così?»

La Stampa intervista Marco Tuttolomondo, primo rider d’Italia con un contratto a tempo indeterminato, grazie alla sentenza del Tribunale di Palermo che ha obbligato Glovo al reintegro del fattorino. Era stato licenziato dopo aver rilasciato un’intervista ad un giornale locale con contenuti non graditi all’azienda.
«Una volta sono rimasto in servizio per tre giorni con la febbre a 38.7, ma non avevo alternativa: per arrivare a 1.500 euro al mese dovevo lavorare sette giorni su sette».
I rider sono un simbolo delle diseguaglianze della nostra società. Spiega cosa vuol dire per lui disuguaglianza.
«Per me la diseguaglianza è esserci sentiti dire per mesi, nel primo lockdown, che eravamo degli eroi come gli infermieri perché salvavamo intere filiere, e poi ritrovarci a settembre con un contratto truffa che ci ha tagliato gli stipendi del 20-30%. Non ci rispettano e questo accade come se fosse una cosa normale, nell’indifferenza».
I sindacati stanno cercando di aiutare i fattorini, dice.
«Sì, i sindacati ci stanno aiutando e la mia causa è stata vinta grazie a Nidil-Cgil. Ma siamo ancora lontani dalla normalità. Spero solo che il risultato che abbiamo raggiunto possa aiutare molti colleghi. E che tutti capiscano che siamo un anello della filiera come tutti gli altri: senza di noi, non lavorano i ristoranti, i loro fornitori, l’industria. A me è capitato di rimanere sulla moto dalle quattro di pomeriggio alle due di notte, senza fermarmi neanche per mangiare e usando il marciapiede come bagno. Volevo prendere quanti più ordini possibile. Perché noi dobbiamo essere trattati così?».
Del nuovo contratto a tempo indeterminato dice:
«Sa che non ho ancora chiesto quanto guadagnerò? Il mio primo pensiero è stato che la prossima volta che avrò 38.7 di febbre potrò stare a casa. Questo cambierà»